Il Maestro VICTOR HUGO DEL GRANDE nasce a Rosario, grande città portuale dell’Argentina, attraversata dal Paranà. Insegna tango da tempo, dopo aver dedicato molti anni allo studio e alla pratica della lirica che lo ha portato in Italia, negli anni’90, a cantare come tenore. La sua formazione, in Argentina, è però poliedrica: studia canto e tecnica vocale, ma anche teatro, compone ed interpreta musica popolare argentina e tango. Con la serietà e la passione che hanno attraversato gli incontri con le altre forme d’arte, che hanno affascinato e formato Del Grande, anche l’interesse per il Tango non si riduce alla pur consistente dimensione della danza: tiene insieme l’importanza della tecnica del movimento, la storia, le diverse musicalità, il peso specifico culturale… Con questo bagaglio, questa profondità, e con una personalissima visione della tecnica, Victor Hugo Del Grande nei primi anni ’90 apre a Milano una scuola di tango, quando il Tango non era di moda, ma qualche pioniere scommetteva sulla possibilità di diffondere, anche fuori dai confini argentini, lo spirito popolare e la potenza espressiva di quella altissima manifestazione culturale ed artistica che il tango rappresenta, e gli ha consentito di essere proclamato ‘patrimonio universale’dall’Unesco. Per anni il Maestro alterna l’attività di canto lirico nei teatri italiani con l’insegnamento del tango argentino, che struttura in modo estremamente ricco di approfondimenti storici e culturali, attraverso stage, corsi, rassegne cinematografiche incentrate sul tango, cicli di lezioni storiche resi unici dalla contaminazione di innesti autobiografici e approfondimenti storiografici. E’ con questo vasto e approfondito repertorio di competenze, con una inesauribile passione per la ricostruzione filologica delle origini e al tempo stesso per la modernità intrinseca del tango che nel 2007 fonda l’Associazione culturale Tango Azul,per valorizzare, promuovere ed implementare la cultura del tango argentino. Oggi Tango Azul rappresenta ancora per Victor Hugo Del Grande l’occasione di mettere al servizio di chi lo desidera una grande esperienza artistica maturata in anni di pratica e ricerca nel campo della musica, del teatro, della danza. Alla pratica costante dell’insegnamento si affiancano oggi le radicate passioni in campo musicale, cui si devono le recenti composizioni di brani inediti di musica popolare argentina in un proficuo connubio artistico con Mariano Speranza, amico ed ispiratore e regista del gruppo musicale ‘Tango Spleen’. Le atmosfere di questa ormai lunga carriera maturata nella storia della cultura argentina si possono avvicinare e ‘respirare’ sia nei corsi di tango che nelle milonghe domenicali organizzate da Tango Azul, luoghi un po’ incantati, dove vale una regola: “Esibire, ostentare appartengono al mondo della materia. Il tango parla alla dimensione dell'anima, che non conosce il tempo: ci si può fermare durante una pausa in un abbraccio interminabile, mentre si ascolta la frase di un violino o si è colpiti dalla metafora di un testo che ci commuove”.
“Audacia”, una rivincita del lunfardo
Celedonio Flores e Hugo La Rocca firmano un tango "umoristico"
PUBBLICATO IL 17 Ottobre 2017
di Victor Hugo Del Grande
Da bambini eravamo abituati a parlare e sentire certi termini che per noi erano familiari, sapevamo molto bene che non erano parole appartenenti alla lingua “castellana”, ma che usavamo tra di noi, una specie di dialetto che i bambini in Argentina erano soliti sentire dai più grandi e di cui conoscevano perfettamente il significato.
Parlo del “lunfardo”, linguaggio popolare usato in Argentina di cui logicamente i tangos sono stati testimoni protagonisti, soprattutto prima che la dittatura ne proibisse l’utilizzo.
Col passare del tempo questa proibizione andò sparendo, ma certi autori – come quello di questo tango, Celedonio Flores – non riuscirono a vederlo e morirono con la tristezza di sentire tante opere storpiate in nome della correttezza linguistica e morale.
Potremmo parlare a lungo del significato e origine del lunfardo, a me piace molto per la sua chiarezza la definizione che ne da Jose Gobello: “Il lunfardo è, a mio parere, un repertorio di termini portati dall’immigrazione durante la seconda metà dell’Ottocento fino allo scoppio della prima Grande guerra,
assunti dal popolo basso di Buenos Aires i cui discorsi si mischiarono con altri di origini creole, parole di origini qechua già di uso popolare che andarono a formare un lessico che adesso circola in tutti i livelli sociali delle repubbliche del Plata”.
L’argomento “donna” è stato largamente usato dagli autori di tangos. Il tango viene dalle periferie (orillero) e il trattamento verso il gentil sesso non era dei più delicati.
Nel tango “Audacia” si ridicolizza con tono canyengue e umoristico una nuova attività di certe donne degli anni Venti, quella di bataclana cioè di vedette di teatro di rivista o cabaret – toccando l’argomento del nudo, portato con leggerezza dai complessi francesi che visitavano Buenos Aires.
Nell’anno 1922 una compagnia di teatro di rivista francese arrivò in Argentina, mostrando lussuosamente vestite e svestite le sue ragazze. Col tempo l’esempio si diffuse tra le vedette locali e cosi nacquero, artisticamente Gloria Guzman, Carmen Lamas, Ada Falcon e Tita Merello.
Questo è l’argomento che utilizza Celedonio Flores per scrivere il tango “Audacia”, musicato da Hugo La Rocca.
Per tanti anni Rosita Quiroga ebbe questo tango nel suo repertorio, ma fu negli anni Cinquanta che Edmundo Rivero fece la sua versione dandogli definitivamente la fama che meritava.
“AUDACIA” ( 1926- Celedonio Flores – Hugo La Rocca)
Mi hanno raccontato, e scusa se ti incalzo in questo modo,
che te la tiri da “partenaire” in non so quale Bataclan (teatro di rivista parigino).
che hai rotolato come “potrillo que lo pechan en el codo”
(puledro che viene spinto e cade nel angolo della pista dell’ippodromo),
engrupida (ingannata) bien debute ( di alta qualità, di classe) por la charla ( chiacchera)
de un bacan (persona facoltosa o che finge di esserlo).
Io non “mangio” (capisco) francamente cos’è una partenaire
anche se dicono che sono grezzo e ignorante … cosa vuoi….
non sarà niente di buono se bisogna andare con “todo al aire” (svestite, con tutto all’aria)
in vece di “batirlo” (raccontarlo, dirlo) in creolo lo “baten” (dicono) in francese.
Dopo dicono, e questa informazione, cosa vuoi, mi sconsola,
che viene dai ragazzi che ti hanno visto lavorare,
che esci con altre “minas” (donne) a riempire la passerella
a cantare, se quello si può chiamare cantare.
Tu che non hai orecchio neanche per un “arroz con leche”(canzone infantile)
e cantavi “La Morocha”(tango di Villoldo) come numero principale.
Chi ti ha visto cosi priva di vergogna e di “peleche”(fortuna, indumenti)
intonare “a los berridos” (versi dei cervi o altri animali, urla) quando suonano un charleston.
Ti hanno cambiato, povera “mina” (donna);
se la tua “vieja” (mamma), la “finada” (morta), alzasse la testa dal fondo della bara
e ti vedesse in quella “mano” (situazione) cosi audace e “descocada” (senza ritegno)
morirebbe nuovamente di dolore e indignazione;
tu, quella ragazzina che lei con santità educò cosi silenziosa, cosi umile e formale…
ti hanno cambiata – povera “piba”(ragazza) – ti “engrupieron” (ingannarono) stupidamente
“bullanguera” (rumorosa, di festa) mascherina di un “mistongo” (povero, umile) carnevale.
Victor Ugo Del Grande
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