Sorvolando Napoli – Tangoneta: La ricerca del movimento.

PUBBLICATO IL 7 Aprile 2015

Amichevole è la parola che mi è venuta in mente per cominciare a parlare di questo Festival.

Da lì in poi tutto quello che racconto accade in questa cornice di cordialità che le sue organizzatrici stimolano e che ognuno dei partecipanti professa.

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TangoNeta ha una magia ‘tanguera’ fino al midollo che si esprime in corpi, abbracci, sguardi, sorrisi e nella certezza che succede qualcosa di buono. Lo spirito non ha le sue radici nelle sequenze di passi ma nel movimento primigenio del corpo dal quale si arriva alla conoscenza della tecnica e da lì si dispiegano le possibilità del ballo, dell’espressione e della comunicazione.

Nel corso di cinque giorni gli appassionati ballerini, provenienti da una decina di paesi, s’immergono dalla mattina alla sera in laboratori, workshop, lezioni di gruppo, esercizi, mostre fotografiche, pranzi e milongas.

Tangoneta 1In un pittoresco spazio della Salita Petraio, si svolge l’edizione n°26 di questo Festival che ha una decade di storia, ed è realizzato annualmente in quattro città del mondo: Napoli (Italia), Rosario (Argentina), Barcellona e Cardona (Spagna).

I momenti liberi servono per socializzare in gruppo, sia rilassandosi al sole, sia sdraiandosi su qualche divano a chiacchierare, in una sorta di sessione multilingue, mentre si beve qualcosa di fresco.  Approfitto di questi momenti per parlare con i sorridenti partecipanti, mentre Cinzia fa delle fotografie e Sergio prepara da mangiare per i tangueros commensali. Jaap è olandese e questa è l’ottava volta che viene, “ho anche attraversato l’oceano per godermi la versione argentina” mi racconta. Lars viene da Atene ma è svedese, questa è l’esperienza numero quattro. Yohhan è parte di un gruppo di francesi, per lui è la prima volta mi dice con molta felicità. Aldo è locale, conta con quattro partecipazioni, una è stata a Cardona.

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La parola chiave in quest’occasione era ‘Percorsi’, come in altre edizioni è stata ‘Tempo’, ‘Intimità’ e ‘Presenza’. Questo termine serve da trama agli insegnanti per tesserci sopra la loro lezione.

Tutti hanno delle basi in altre arti corporee.

Gisela Navonit, l’argentina del gruppo organizzatore, è la creatrice di TangoNeta. Insegnante e ballerina di tango ci dice ‘Il mio studio del tango come danza d’improvvisazione si arricchisce prendendo spunto dalle informazioni prese da altre tecniche di movimento e dalla ricerca condivisa con altri docenti. Il mio lavoro tecnico si basa sul risvegliare la consapevolezza del corpo per ampliare la percezione di se stessi e la relazione con l’altro e col mondo esterno: il gruppo, lo spazio, la musica’.

Sara D’Ajello, anche lei organizzatrice, è danzatrice e insegnante di tango argentino, teatro-danza ed espressione corporea. Si forma principalmente in Italia e in Argentina studiando danze popolari, teatro-danza, linguaggi corporei e tango, la sua maestra principale è Silvia Vladimivsky, coreografa e direttrice del Teatro Fantastico di Buenos Aires. La sua ricerca s’incentra sulle potenzialità espressive del movimento e sull’uso della danza, il tango in particolare, come linguaggio che «racconta».

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Paola Carbone si è diplomata a Parigi presso il Centre International de la Dance. Ha studiato Tai Chi Chuan e Aikido e da molti anni collabora con diverse associazioni di teatro in Italia.

Paul Vossen balla tango intensivamente dal 1990 e utilizza la sua esperienza in Contact, Improvvisazione e Qi Gong per arricchire il lavoro fisico delle sue lezioni.

Aurora Fornuto è insegnante di tango al 100%, il tango ‘le entra’  o ‘viceversa’ nel 1996 e rapidamente comincia a ‘musicalizar’. Delle sue mani è uscita la selezione deliziosa di melodie che hanno potuto apprezzare nelle ‘milongas’ di TangoNeta.  La mostra fotografica è curata da Sergio Grispello.

I giorni sono trascorsi morbidi come le foglie di un libro.

Si è chiuso in bellezza con la milonga della domenica nella Chiesa delle Scalze, un ambiente onirico che alla luce di centinaia di piccole candele conteneva 200 tangueros che ‘le sacaron lustre al piso’ (lucidarono il pavimento). Tutti ballarono, e molto, anch’io! Ero andata a osservare, e sono stata trascinata dalla marea tiepida dell’abbraccio… e mi sono lasciata andare.

TangoNeta 12                                                        Chiesa delle Scalze

 

Note di viaggio.

Sono arrivata a Napoli con l’acqua che colpiva le finestre del treno, il cielo plumbeo che ingoiava le cime delle colline e il manto rosa luminoso dei prugni che fioriva al lato della strada. Dopo poche ore è uscito il sole. Ho preso la funicolare per la prima volta nella mia vita (incantevole e molto pratica) e sono scesa alla Stazione Petraio con la mia valigetta. Il festival si svolgeva proprio lì, né un po’ più in qua né un po’ più in là ma questo l’avrei saputo dopo, prima mi sono persa in modo fortunato tra le scale e i piccoli meandri. All’improvviso mi è apparsa Napoli in strati ondeggianti di piccoli tetti colorati che si stendevano fino ad addentrarsi nel blu primaverile del mare.

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Dopo la prima giornata del Festival che è finita verso le nove sono andata a casa del mio amico Ramal che mi ha ospitato in questi giorni a pochi metri da Piazza Dante, l’epicentro storico della città. Ho avuto il tempo di perdermi più di una volta nelle strette, lunghe e affollate stradine, di guardare su per vedere il cielo come una spaccatura che cercava di intrufolarsi tra i tetti, di far lavorare i miei muscoli scendendo scalinate impossibili, di prendere un gelato squisito e di sorprendermi arrivando in un posto già visto mentre pensavo di essere all’altro capo della città.

 TangoNeta 11                                                            Piazza Dante

Mi ha rubato un sorriso solitario il viso di ‘Pocho Lavezzi’ (calciatore argentino) che mi guardava dalle finestrelle silenziose; ho percorso un mercatino pieno di cianfrusaglie con centinaia di statuette di Papa Francesco e mi porto nella rétina l’immagine della città che striscia e si arrampica sul Vesuvio.

Ho fatto un bel ‘fotoracconto’ del mio girovagare che si chiama ‘Mi sono persa in una scala’, che ha avuto molto successo tra i miei amici argentini. Quando lo guardo, sento che una parte di me è rimasta lì cercando un giro che non mi porti a un’inferiata chiusa o a un vicolo pieno di calzini appesi.

 Non ho fatto a tempo ad andare a Pompei e ho pensato, da viaggiatrice accanita e viziosa come sono: ‘Questo è un segno, in questa città dovrò tornare’.

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Foto di copertina per gentile concessione di Fabio Foggia – www.fabiofoggia.com

 

 

HA SCRITTO PER NOI #
Violeta Celano

Violeta Celano Donna in viaggio, sia fuori che dentro. Argentina, raccontattrice di storie proprie e d'altrui. Insegnante di Tai Chi. Ho studiato cinema e storia, ho lavorato in radio, diverse pubblicazioni culturali ed organizzazione di spettacoli. Anche ho ballato da sempre, perché ballare ti fa libero. Sono uscita dalla mia città per trovare 'il Tango fuori da Buenos Aires' ed eccomi. I miei racconti parlano per me. Saluti! Violeta.

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