Miguel Calo’ e l’orquesta De Las Estrellas

PUBBLICATO IL 28 Ottobre 2015

 

 

Quando in milonga il musicalizador propone una tanda di Miguel Caló il primo istinto è  quello di tuffarsi per ballare nell’onda gentile delle note che stanno arrivando. A volte è, però, forte la tentazione di sedersi per gustare la fresca pioggerella di una musica che emoziona. Questo equilibrio lo si può trovare solo nei pochi interpreti che hanno saputo, con destrezza, miscelare alla perfezione tutti gli ingredienti musicali, perché il tango non è solo ballo ma è anche ascolto e partecipazione emotiva.
 

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Miguel Caló nacque a Buenos Aires nel barrio di Balvanera il 28 ottobre 1907. Primogenito di  una famiglia di origine italiana con 16 figli, dovette dedicarsi pienamente al lavoro per dare un sostegno ai suoi cari. Per il suo quindicesimo compleanno, uno zio gli regalò un bandoneón: in quel momento cominciò la storia di uno dei personaggi più importanti del mondo del tango. Dopo alcune esperienze al bandoneón in concerti e serate ballanti, a 19 anni debuttò con l’orchestra di Francisco Pracánico. Nel 1929 costituì la sua prima orchestra che sciolse di lì a poco per unirsi a quella del poeta e pianista Cátulo Castillo, in una tournée in Spagna. Nel 1932 venne ingaggiato per una seconda tournée negli Sati Uniti dal maestro Osvaldo Fresedo. Nella storia artistica del maestro Miguel Caló notiamo due fasi ben differenziate che ne mostrano l’evoluzione artistica e musicale. La prima inizia nel 1934 anno in cui, finalmente, decise di fermarsi a Buenos Aires per creare un’orchestra stabile in cui possiamo riscontrare uno stile comune a quello di Fresedo e un suono che ricorda Di Sarli. La formazione del ‘34 contava sul pianoforte di Miguel Nijensohn, che lascerà un’impronta indelebile nel suo stile ed annoverava tra le sue fila, Raul Kaplun come primo violino. La seconda fase ha inizio nel 1941: la sua grande sensibilità di musicista e l’intelligenza nello scegliere giovani talenti, lo portò a formare una delle più apprezzate orchestre di tutti i tempi, l’Orquesta de las Estrellas. Per comprendere il motivo del soprannome dato al “conjunto” di Caló basta far scorrere solo alcuni nomi dei musicisti che la integrarono: Domingo Federico, Armando Pontier, Enrique Mario Francini  e, naturalmente, il geniale pianista Osmar Maderna (lo Chopin del tango) che forse più di tutti ebbe influenza sul suo lavoro con  arrangiamenti e uno stile che precorrevano gli eventi.

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Miguel Caló non solo promosse grandi musicisti, ma anche cantanti eccezionali. Valgano quale esempio: Raúl Berón, Alberto Podestá, Jorge Ortiz e Raúl Iriarte. Per il primo di questi, in realtà, il debutto fu un po’ travagliato. Berón, grazie all’insistenza di Osmar Maderna, fu da Caló ingaggiato come cantante per una serie di trasmissioni radiofoniche. I responsabili dell’emittente, però, bloccarono tutto dopo poco perché la voce di Berón, a loro dire, non era adatta. Fortuna volle che proprio in quei giorni uscisse un disco registrato dall’orchestra di Caló con Raul Berón. Il brano inciso sul lato A era “Al compás del corazón“. Il successo nelle vendite fu tale che costrinse responsabili ad un repentino ripensamento.

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L’Orquesta da las Estrellas rimase sempre ad altissimi livelli fino al ’55. Con l’inizio del declino del tango le serate e le incisioni si fecero più saltuarie. Il tango che aveva fatto ballare tutta Buenos Aires si stava trasformando in una musica bellissima, profonda ma individualista in quanto non voleva la partecipazione attiva della gente con il ballo, ma pretendeva la sua attenzione incondizionata ed immobile. L’onda del tango si era abbassata di parecchio ma Miguel Caló riuscì a mantenere sempre posizioni di primo piano, con grande buon gusto e innata capacità di far convivere tradizione e modernità. Nel 1963 ebbe la fortunata idea di riunire i pezzi sparsi di quella che fu l’Orquesta de las Estrellas. I frutti di questa unione furono  una serie di brani che ancora oggi, dopo quasi cinquant’anni, percepiamo come nuovi e rivoluzionari. Valga per tutti “Que falta que me haces” del 1963 con Alberto Podestá: un’interpretazione assolutamente straordinaria.

 

 

Nella discografia di Caló si possono contare circa 400 registrazioni. Brani come “Tristezas de la Calle Corrientes”, Trasnochando”, “Flor de lino”, “Percal”, “Mañana iré Temprano” e moltissimi altri. Egli non è stato un compositore di rilievo, ma alcune sue opere, in collaborazione con Osmar Maderna (anche autori del testo), sono incredibilmente belle. Per tutte ricordiamo “Jamás retornarás”, “Qué te importa que te llore” con voce di Raul Berón e “Dos fracasos” (testo di Homero Expósito) cantata da Alberto Podestà. 

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Nel maggio del ‘72 a causa della tensione provocata da un’accalorata discussione, il cuore di Miguel Caló cessò improvvisamente di battere, lasciando nello sconforto i suoi cari e tutti i suoi musicisti. L’Orquesta de las Estrellas sarà ricordata per le interpretazioni del miglior tango, che trascendono dallo scorrere del tempo e che continuano a regalarci e rinnovarci stupende emozioni. La magia della musica di Miguel Caló viene oggi evocata nelle note della Tipica Sans Souci, formatasi nel 1999 con lo scopo di riproporne lo stile, che è riuscita a diventare una delle più apprezzate e ricercate orchestre contemporanee. 

 
 

Al compás del corazón

 

 Al compás del corazón è uno dei brani più noti dell’Epoca d’Oro del tango ed ha in sé tutti i tratti che l’hanno caratterizzata. Composto nel 1942 da Domingo Federico, all’epoca bandoneónista nell’orchestra di Caló, pare avere avuto un’origine curiosa: Federico propose ai suoi compagni d’orchestra di suonare il nuovo pezzo, ottenendo l’apprezzamento dei musicisti ma lo scarso entusiasmo dei cantanti Raúl Berón e Alberto Podestá, tanto che lo stesso Federico desistette dal convincerli. Tuttavia, in occasione di una delle loro serate, e in assenza del direttore Caló che, come abitudine, arrivava a spettacolo avviato, i musicisti improvvisarono Al compás del corazón. Alla voce si offrì Enríque Mario Francini, confezionando il singolare debutto del brano che il pubblico gradì e richiese durante lo spettacolo vero e proprio. Il direttore che ignaro ascoltò quel tango per la prima volta durante la riesecuzione improvvisata di quella sera, lo inserì immancabilmente nel suo repertorio. La leggenda vuole che Federico, studente di medicina, si sia ispirato ai battiti del cuore di una rana per comporne la musica. Durante un esperimento il professore di anatomia, applicando le teorie di Galvani, aveva fatto battere il cuore di una rana tramite impulsi elettrici. Federico raccontò che proprio osservando ed ascoltando il ritmo di quel cuore, gli sovvenne il caratteristico ritmo di Al compás del corazón e che ogni volta che interpretava quel tango, aveva davanti a sé l’immagine del cuore della rana. Sia quel che sia, Homero Expósito, autore del testo, pare non conoscesse la fonte d’ispirazione di Federico; eppure riconobbe nel ritmo dato al tango la somiglianza con il battito di un cuore, tanto da scrivere versi molto ispirati e sentimentali proprio su un cuore che palpita.

 

Al compás del corazón (1942)

Música: Domingo Federico – Letra: Homero Expósito

 

Late un corazón,

déjalo latir…

Miente mi soñar,

déjame mentir…

.

Late un corazón

Porquè  he de verte nuevamente,

miente mi

soñar porque regresas lentamente.

 

Late un corazón…

me parece verte regresar con el adiós.

Y al volver gritarás tu horror,

el ayer, el dolor, la nostalgia

pero al fin bajarás la voz

y atarás tu ansiedad de distancias.

 

Y sabrás por qué late un corazón

al decir… Qué feliz!…

Y un compás, y un compás de amor

unirá para siempre el adiós.

Ya verás, amor,qué feliz serás…

 

Oyes el compás? Es el corazón

Ya verás qué dulces

son las horas del regreso,

ya verás qué dulces los reproches y los besos

Ya verás, amor,

qué felices horas

al compás del corazón

.

 

 

Palpita un cuore,

lascialo palpitare…

Mente il mio sognare,

lasciami mentire…

 

Palpita un cuore

perché ti vedrò nuovamente,

mente il mio sognare

perché tu ritorni lentamente.

 

Palpita un cuore …

mi sembra di vederti tornare con l’addio.

E, al tornare, griderai il tuo orrore,

Il passato, il dolore, la nostalgia,

però alla fine, abbasserai la voce

ed imbriglierai la tua ansietà di distanza.

 

E saprai perché palpita un cuore

al dire … sono felice…

E un ritmo, e un ritmo d’amore,

unirà per sempre l’addio.

E vedrai, amore, che sarai felice….

 

Lo senti il ritmo? E’ il cuore.

E vedrai che dolci

sono le ore del ritorno,

e vedrai che dolci i rimproveri ed i baci.

E vedrai amore,

che felici ore

al ritmo del cuore.

 

 

HA SCRITTO PER NOI #
Gianni Marasco

Tanguero dal 2009, appassionato di musica da sempre, fin da subito ho cercato di approfondire la conoscenza del tango ballato e non. Mi sono così trovato ad affiancare lo studio della salida basica a quello delle grandi orchestre, dei poeti e musicisti che ne hanno fatto la storia. E’ così nata la serie “Los Astros del Tango” che nel corso di questi anni abbiamo rappresentato alla milonga "Ai due Ponti” di Siena non a scopo didattico ma con il solo obiettivo di far osservare il tango da un altro punto di vista. (F.B. Gianni Marasco) Frase preferita:"Stiamo navigando nel vasto oceano del tango. La cosa importante è conoscere le correnti che ci conducono al porto del cuore della gente”. (Osvaldo Pugliese)

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