The Singing Butler

di Paola Campanelli

PUBBLICATO IL 21 Aprile 2022

Paola Campanelli Seconda Classificata sezione Racconti con The Singing Butler

Paola Campanelli è di Roma, città che non finisce mai di offrirle momenti di bellezza, ma ha anche tanti luoghi del cuore, in Italia e nel mondo. Per lavoro si occupa di comunicazione e formazione, scrivere è una grande passione che l’accompagna dall’infanzia. A questo amore se ne affiancano davvero tanti altri: i viaggi, la fotografia, l’arte, il teatro, la lettura, il canto e naturalmente…il tango. Si emoziona a scoprire e conoscere luoghi, culture e persone e imparare sempre qualcosa di nuovo.

foto di Pepe Larrosa

In questo racconto, nato dagli interessanti stimoli di un corso di scrittura, ha riversato molto di sè e delle sue passioni, un grande piacere ed onore, per lei, condividerlo.

THE SINGING BUTLER (ritrovare, all’improvviso, in un quadro un bagliore e un
ricordo di tango)

Piccolo, piccolissimo, un rumore scivolato e sottile colpisce il mio orecchio. Swooosh.

Come una pioggerella di miriadi di punti. Due, tre volte, lo stesso movimento veloce, poi nulla.

Ecco che dal fondo sento alzarsi una voce possente e cupa, che sovrasta e ingoia tutto.

Ripetitiva come un canto di dolore che sale minaccioso dalle viscere della terra e poi si
inabissa, quindi sale ancora e poi torna sempre, ossessivamente, sullo stesso passaggio.

Avanti, indietro. Sembra aver terminato il suo va e vieni ma no, quella nota in crescendo
torna, si solleva, si gonfia e dopo un istante in cui è lì, in alto, sospesa e mi fa trattenere il
fiato, anelando per la quiete – lei torna giù, in basso, fragorosa e ululante.
Poi una nuova voce si avvolge intorno al mio orecchio. È impalpabile, aerea e soffia ora lieve
ora più violenta tutta la sua storia e il suo carico fatto di tante voci trasportate da chissà dove.
Non si accontenta di accarezzare il mio orecchio, sbuffa tra i miei capelli e attraversa
guizzando il mio lungo, sottile abito di fuoco; con leggeri rimbalzi le sue lunghe dita gelide di
pianista mi sfiorano e mi fanno vibrare.
Ad un tratto una nuova presenza, scattosa, nervosa, si unisce a punteggiare questa strana
armonia: anzi, sono due voci, così simili da poter essere distinte solo per la loro alternanza.
Tac. Tac. Tac. Tac. Colpetti secchi si susseguono senza un ordine, scomposti, poi continui,
poi niente. Poi di nuovo. Trattengo il fiato ad aspettarli: cercano la loro strada tra le altre voci
potenti. Piccoli, insistenti, quasi fastidiosi, sordi a quanto li circonda ma in qualche modo
perfettamente intersecati col resto.
Poi – eccola. Prima smorzata, poi sempre più presente, protagonista: la melodia. Un
susseguirsi ordinato e insinuante di note che canta dritto nel mio orecchio e dà significato a
quello che stanno eseguendo le mie gambe, le mie braccia, la mia schiena. È la tua marca che
come una voce maschile e profonda, guida e suggerisce ogni mio movimento e ora tutto ha
un senso.
Il contrabbasso del mare continua a ripetere la sua nota cupa in lontananza, possente,
presente, una solida base su cui tutto poggia. Le tele degli ombrelli si tendono e si rilassano
spinte dal vento: è il singhiozzo del bandoneon che mi narra tutta la sua dolorosa passione. A
terra le mie gambe continuano a suonare il violino di sabbia con cerchi leggeri e improvvisi
affondi. Le mani agili del ventoso pianista percorrono senza sosta il mio corpo e i miei
capelli. La voce del tango, le sue note carezzevoli e di una dolcezza straziante, creano un
perfetto contrappunto all’armonia che mi sovrasta, mi avvolge, mi trascina, mi cancella.
Un piccolo suono rauco, strozzato, entra all’ improvviso, in controtempo. Sembra chiedere
permesso a quel rovesciarsi di suoni e di voci, perfettamente intrecciate. Un intenso dialogo
serrato tra il piccolo suono e la potente orchestra, un rincorrersi, un trovarsi senza sosta.
È l’umido della lacrima sulla guancia a riportarmi per un istante la sensazione del mio corpo
e a dirmi che quello era il mio suono, che ora canto anche io con te in questo concerto
improvvisato ed eterno. Poi, il silenzio.

 

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