LOS GUARDIOLA

Il ponte luminoso tra tango, teatro e danza

PUBBLICATO IL 6 Aprile 2022

La coppia di vita Marcelo Guardiola e Giorgia Marchiori ci accompagna a scoprire i segreti del mondo del mimo ed il legame con il tango. Ritorna in Italia il 10 Aprile a Novoli e 11 Aprile a Bisceglie, “La Commedia del Tango” al Teatro Pubblico Pugliese, un vivace tourbillon di personaggi e situazioni per raccontarci le storie del tango.

Los Guardiola, nel mondo del “tango teatro” sono una delle coppie più longeve nel panoramico artistico europeo, Marcelo Guardiola dal 1999 ad oggi ha creato ben 22 spettacoli di cui 12 insieme a Giorgia Marchiori; hanno portato in scena spettacoli impegnativi come Teorema di Pasolini o le raccolte di poesie les Fetes Galantes di Paul Verlaine fino ai Racconti di Andersen, per citare solo alcuni dei loro lavori.
Nelle proposte teatrali Marcelo Guardiola e Giorgia Marchiori si riconoscono per il loro stile unico e personale: hanno in comune quel delicato tratto di leggerezza ed ironia nel raccontare la vita, utilizzando l’antica arte del mimo, la poesia e del tango. L’intervista che segue è il resoconto di una lunga chiacchierata via zoom. La spontaneità con la quale Los Guardiola si raccontano e si aprono, permette alla conversazione di svilupparsi a più livelli e ne abbiamo tratto una trasmissione radiofonica che andrà in onda su Webradio Faitango La Voce del Tango prossimamente.

Marcelo, prima di diventare Los Guardiola chi era Marcelo Guardiola? Dove hai mosso i primi passi nel campo musicale e artistico?

Ho iniziato da piccolo muovendo i primi passi nel conservatorio del mio paese con la chitarra classica. Avevo 8 anni e come tutti i bambini era l’entusiasmo a smuovermi, mi interessava tutto, volevo suonare, recitare, sapevo che volevo creare. Ebbi la fortuna di fare parte di una banda giovanile all’età di 10 anni e questo mi permise di iniziare a fare delle tournée. Fu una cosa fantastica. “

Non sei partito anche tu come accade a tanti da una banda giovanile rock?

No, quello venne più avanti. Non so come spiegarti, immagina una banda di 30 forse anche 35 elementi, tutti bambini che suonano con una grande voglia di vivere. Facevamo le prove tutti i giorni in una grande sala comune con un entusiasmo unico, all’inizio suonavo la tromba. Crescendo le cose cambiarono e forse un po’ di questa magia iniziale si perse, ma dentro di me ormai si era impressa una passione. Da adulto passai alla chitarra elettrica e ovviamente al Rock’n’Roll e Blues per tanti anni.

E il teatro quando arriva?

Contemporaneamente perché mi piaceva e mi veniva facile. All’inizio studiai con un commediante itinerante. Erano comuni da noi in Argentina, questi commedianti dell’epoca in cui non c ‘era ancora la televisione. Il teatro per me non era ancora un mestiere, ma sentivo già una forte attrazione. Questo commediante mi prese subito nella compagnia e mi butto letteralmente sul palco. Il teatro mi piacque talmente tanto da divenire il motore della mia creatività. Decisi di seguire una scuola di regia, perché il mio percorso di formazione partiva dalla musica, ma questa esperienza mi aveva cambiato e il teatro era dentro di me.  Nei miei primi lavori la presenza del tango come ballo era lontana, non si ballava tanto come oggi, il mio ricordo era legato più ai nostri genitori, la mia generazione apparteneva più al Rock’n Roll.

Quando è comparso il tango?

Ad un certo punto della mia carriera artistica mi sono trovato a dirigere una compagnia teatrale, sono sempre stato improntato alla sperimentazione, quindi musica, danza, teatro e da lì il tango.  All’inizio erano brevi sequenze, piccoli quadri, finché Il tango divenne sempre più presente e oggi è l’identità centrale del mio lavoro. La scelta musicale veniva dal tango, utilizzavo le poesie dei testi del tango e da qui le storie prendono vita. Tango Teatro prende sempre più forma ed inizio ad essere conosciuto e a lavorare in tournée fuori del mio paese arrivando fino in Italia.

Giorgia, come è nata la scintilla che vi ha portato a creare non solo un connubio artistico ma anche un legame personale?

Io arrivavo da un mondo di parole e di concetti, dalla facoltà di filosofia, la Sapienza di Roma, ma anche dalla danza: ho studiato danza classica fin da bambina. Era un periodo d’inquietudine intellettuale nel quale ascoltavo molta musica di tango, ma non lo sapevo ballare. Un giorno mentre ero all’università leggo di uno stage che parlava di un corso tango teatro e questo attira la mia attenzione. Ovviamente il workshop era tenuto da Marcelo. nella prima lezione, mi ricordo ancora che ci chiese di muoverci liberamente con il corpo, Io partii con un ragionamento tutto filosofico sulla libertà, tutto cerebrale, fino a quando mi sentii colpire dietro le ginocchia. Ecco il nostro incontro iniziò così.

Dalla filosofia alla poesia del tango, due aspetti che quasi si sposano e vanno a braccetto; è stato questo il vostro terreno comune? Vi ha aiutato?

No, all’inizio no, anzi è stato fonte di discussioni, perché io mettevo in discussione tutto. All’inizio è stato difficoltoso, ma è vero che la filosofia nel teatro aiuta tantissimo a liberare il pensiero, e andare all’essenza delle cose e ad osare… e passando su un altro piano, il mimo, ancora di più accentua questa ricerca ma dal punto di vista del corpo. L’incontro tra noi ha generato poi forza.

La curiosità è importante per il vostro lavoro?

Marcelo: “Noi siamo curiosi, ci piace conoscere cose nuove e ovviamente avere questa curiosità ci spinge ad andare avanti e per noi è la ricetta della vita. Non finiamo mai di rielaborare un nostro progetto, perché noi stessi cambiamo; le esperienze che facciamo, i viaggi, le persone che incontriamo, le nuove esperienze artistiche tutto ci porta ad un cambiamento e questo cambiamento noi lo reinterpretiamo ogni volta che rimettiamo in scena i nostri spettacoli. Per questo posso affermare che ciò che noi creiamo è arte vivente.”

Giorgia: “Si per me è lo stesso: non so se mi evolvo o divento sempre più infantile. Lasciarsi impressionare dalle cose, lasciarsi prendere e trasportare.”

Marcelo, il mondo della mimica è meno conosciuto, ci puoi accompagnare in questo mondo affascinante dove il silenzio è solo apparente?

Quando uno inizia a studiare prende in considerazione gli strumenti da utilizzare come accade in un qualsiasi mestiere.  Non ci sono metodi di recitazione, ci sono persone, che hanno pensato e hanno fatto della loro recitazione una ricerca. Queste persone si uniscono e danno vita ad una scuola o ad una compagnia teatrale, qui esprimono le loro idee e sviluppano un loro pensiero. Io ho frequentato tantissime scuole, non solo di teatro, di musica, di mimo, di commedia e di regia e non ultimo “Création lumière”, dove impari ad utilizzare la luci per gli spettacoli. Ad un certo momento bisogna porsi un limite a partire dal quale prende forma la creazione, perché altrimenti la tecnica non dà spazio alla tua personalità, diventa un vincolo che frena. La tecnica, è il suolo, non il tetto, è il punto di partenza come la terra dove poi crescono gli alberi, ossia la creazione. Per questo penso che noi non abbiamo un metodo, si può parlare tutt’al più di una peculiarità, siamo ballerini di tango, mimi, commedianti, siamo tutto questo e la nostra caratteristica è come tutto ciò ci unisce per raccontare delle storie. Questa è la nostra arte.

E dicci se vi è stato mai chiesto di insegnare? C’è un metodo Los Guardiola?

È difficile trasmettere questo tipo di conoscenza, tanti mi chiedono di studiare tango teatro con noi, ma io posso insegnare solo la tecnica, il segreto però non sta lì. I viaggi hanno arricchito tantissimo la mia conoscenza del teatro: ho avuto la fortuna di conoscere il teatro giapponese, la danza indiana e tante altre forme artistiche.  Questa esperienza accumulata nel tempo viene assorbita dal corpo come conoscenza e diventa bagaglio personale: da questo esce una creazione teatrale personale ed unica, e altrettanto accade nella recitazione.  Diventa difficile dire ad una persona “tu ti devi muovere così sul palco”, certo lo si fa, ma c’è tutto un background che io come artista ho fatto mio e non è così facile da trasmettere con un “metodo.

Giorgia, cos’è che rende unica la rappresentazione artistica del movimento del mimo?

E’ la personalità che rende interessante uno stile. La scuola può insegnare a imitare certe cose, ma rimane sempre e solamente una copia, qualcosa di freddo, non vivo, non nato da una elaborazione personale. Penso alla scuola di mimo dalla quale proveniamo Mimoteatro di Buenos Aires dove insegnarono i Igon Lerchundi e Roberto Escobar ex compagni di Marcel Marceau, tutti e tre allievi di Étienne Decroux a Parigi. Una delle cose più belle e forse l’insegnamento più grande che davano era quello di far comprendere che non erano una scuola. Si lavorava tutti non sul copiare il movimento quanto su l’originalità sulla personalità del movimento sulla creazione del messaggio, sull’umanità e sulla comunicazione con il pubblico.

Quello che cercate di fare è riuscire a trasmettere delle emozioni attraverso il corpo, uscendo dal confine del corpo stesso?

Marcelo: ricordo il primo anno alla scuola di Igon Roberto: non capivo assolutamente niente. Quando frequenti una scuola di recitazione della commedia e ti spiegano come devi fare il ruolo e caratterizzare il personaggio.
In questa scuola, questo non accadeva. Il primo anno lavorammo sulla nostra vita interiore, la sincerità delle emozioni, capire cosa provavamo e come lo esprimevamo attraverso il corpo. Ma il mio limite era che volevo imparare a farlo esattamente come lo faceva il maestro. Lui invece non mi ha mai mostrato il movimento grazie al quale riusciva ad arrivarci.

Giorgia: ricordo bene quando dopo lunghi sforzi Marcelo si sentiva dire dal suo maestro: “Marcelo, quello che alzi non è un bicchiere di champagne, ma è un bicchiere di acqua. Lo champagne è delicato, è contenuto in forma elegante, il bicchiere d’acqua ha una forma grossa, bevi perché hai sete, si è in un contesto diverso quando si beve lo champagne o quando bevi l’acqua”.

Giorgia, quando date vita ad un progetto è la musica del tango ad ispirarvi, la storia da raccontare che da inizio allo sviluppo del progetto teatrale, oppure altro?

Non vi è una regola fissa, differenti spettacoli hanno diversi inizi, per esempio “La Commedia del Tango” – che è lo spettacolo che porteremo in aprile in Puglia ed è fisso in cartellone a Parigi ormai da 5 anni per il favore che ha riscontrato nel pubblico – spesso la rinnoviamo cambiando sempre qualcosina. La Commedia del Tango non parla della storia del tango, è la messa in scena di 7 tanghi, è la messa in scena della poesia senza parole, attraverso la musica e l’arte del mimo. Per me l’aspetto interessante era leggere questi testi scritti da grandi poeti argentini e portare in scena queste differenti storie che raccontano parti differenti dell’animo umano di vite di emozioni. Perché commedia del tango, perché l’idea era fare una commedia umana al ritmo del tango. Il tango può raccontare tutte le sfaccettature dell’uomo.

Ci puoi raccontare un quadro dello spettacolo, una piccola anticipazione?  

A media Luz, è uno dei 7 tanghi che formano lo spettacolo, ma non si ascolterà la sua musica ne le parole del testo. In scena verrà rappresentata la storia che il tango racconta, l’incontro amoroso in un Bulin, una garçonnière. La metafora di questo appartamento per incontri clandestini è rappresentata da un cubo 50×50 cm e sopra a questo cubo accade di tutto: è il pezzo più difficile e impegnativo di tutto lo spettacolo.

Marcelo, ancora una domanda. Come può capire lo spettatore che la storia che state rappresentando è riferita a quel tango specifico?
Tutti i numeri sono introdotti da un cartello sul quale è scritto il nome del tango con un piccolo stacco musicale del tango originale. Nel caso di A Media Luz sono state le parole a dar vita al numero, ma altre volte è la musica stessa. Io ho studiato musicoterapia e conosco la relazione psicofisiche delle persone con la musica; l’ascolto di un brano suscita ricordi emozioni, la musica ti conduce in un posto diverso, ti accompagna a rievocare un certo ricordo. Per esempio se ascolto un samba mi trasporto in Brasile, se ascolto una Tarantella vado in Italia, il tango mi porta in Argentina, le marce danno sensazione di unità di gruppo, etc.
Per scegliere la musica che avrebbe accompagnato questo pezzo a Media Luz ho scelto un’orchestra che viveva a Parigi negli anni 20, l’orchestra è quella di Miguel Orlando, l’inizio mieloso con i violini, poi si sente la voce di Tino Rossi che canta in francese il brano “ Vous,  qu’ avez vous fait de mon amour”.
Ciò crea un insieme di sensazioni contrastanti nello spettatore che si ritrova catapultato in una situazione emozionale particolare.
I nostri personaggi, si muovono all’interno di questo cubo che rappresenta l’appartamento, la musica romantica, dove lei sfugge, fa la civettuola mentre io cerco di avanzare e concludere la mia seduzione: tutto trova il suo apice tragicomico dopo lo champagne e altri vizi mondani

Invidiando chi potrà vedersi dal vivo Los Guardiola, a Bisceglie, auguriamoci di vederli presto in tournè in tutta Italia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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