Scrivere di tango

OTTO PASSI di Apolae

PUBBLICATO IL 5 Dicembre 2022

Scrivere di tango è la nuova rubrica di Tango y Gotan, nata per celebrare il tango come forma letteraria. Verranno pubblicati racconti brevi, poesie e brani scritti da voi. Potete proporre i vostri elaborati alla redazione scrivendo a comunicazione@faitango.it.

Ecco il primo racconto che proponiamo. Buona lettura!

Otto passi

Apolae

Uno, dos, tres, cuatro, cinco, seis, siete, ocho. L’importante era continuare a far finta di ballare in una milonga qualsiasi a Recoleta. Mi concentravo quanto possibile sulla sequenza dei passi, nell’attesa che tornasse Beatriz. Era un pezzo che non si faceva viva e mi mancava il broncio delle sue trecce corvine. Dai fori delle tapparelle abbassate l’afoso sole di Luglio curiosava in molli raggi indolenti. Quell’anno l’umidità aveva toccato picchi preoccupanti, si sudava già solo a star fermi a pensare. Figuriamoci a tangare. Uno sbuffo lento di polvere attraverso la luce seguiva il ritmo delle Estaciones Porteñas, che giravano vellutate sul grammofono e rimbalzavano tra i soprammobili dimenticati nella stanza. Uno, dos, tres, cuatro, cinco, seis, siete, ocho. Tenevo il passo saldo, insomma ci provavo, sebbene talvolta tentennassi chiaramente, piedino sgraziato e maleducato, dovevo ancora migliorare, sì, distratto dai confusi rumori nella strada che si andavano accatastando ai rombi secchi delle ultime vecchie IKA, alle grida strozzate dei venditori ambulanti, sull’accumulo straripante di altri suoni indistinguibili mischiati al gioco del mondo. Asciugai la fronte madida con una manica stropicciata della camicia, cercando di osservarmi da fuori per puntellare visivamente alcuni movimenti. Adoravo sfiorare Beatriz sull’esterno della gamba, col terzo passo, mentre lei portava sinuosamente indietro l’arco ossuto del piede, teso come un desiderio inespresso, a delineare una traiettoria sempre simile, ma mai uguale alla volta precedente. Mi frizzava dentro un fremito, se solo ci pensavo. Sul serio. Era più forte di me. Uno, dos, tres, cuatro, cinco, seis, siete, ocho. Il telefono era staccato, viste le circostanze. Non avrebbe mai potuto chiamarmi. Eppure mi sorprendevo spesso con un’occhiata di speranza verso la cornetta in salotto. Tra le note di Piazzolla, unico soffio di vita in quell’angolo sgarrupato, la mia mente incastrava il trillo profetico di un telefono. Non che l’accostamento fosse gradevole, per carità. Anzi, temevo onestamente di dissacrare l’arte del Maestro. Uno, dos, tres, cuatro, cinco, seis, siete, ocho. Come se non bastasse, parte della mia concentrazione si spezzava sui rumori dell’appartamento adiacente. Intuivo un reiterato strepitìo di suoni sordi, lo strisciare cauto di oggetti pesanti, forse anche un gemito sommesso. Uno, dos, tres, cuatro (d’improvviso, alla porta, tre colpi secchi) cinco, seis, siete, ocho. Che fosse tornata Beatriz? Per un attimo esitai, a pochi passi dall’uscio, di fronte all’arrivo di una risposta che magari non volevo conoscere. Poi decisi di aprire comunque. Quella guerra sporca, in un modo o nell’altro, non l’avrebbe avuta.

Apolae. Si fa chiamare così perché solo così riesce a scrivere liberamente. Nato nel 1985. Pallacanestro da adolescente. Semestre di studio in USA. Laurea in Lingue, con una tesi sulle lingue artificiali ed una sull’Inglese Afro-Americano. Sposato. Un figlio di tenera età. Impiegato nel commercio internazionale. Piccoli premi letterari locali conseguiti per narrativa breve. Pubblicazione di un racconto nell’antologia “The Source. Scrivere sull’Acqua” edita da LibroMania (DeA) nel 2022. Apre nello stesso anno una pagina su Instagram per scrivere mini-racconti ispirati alle proprie foto di viaggio. Ama la sua famiglia e la letteratura. Si impegna per coniugarle.
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3 commenti

  1. Apolae ha detto:

    Onorato di aver aperto la sezione racconti. Grazie di cuore. Apolae

    • Giudy L. ha detto:

      Magnifico racconto. Ci si immagina tutto: suoni, colori, sensazioni, tentennamenti, desideri, speranze… Complimenti Apolae.

  2. francisco Juan Papa ha detto:

    EL TANGUERO

    “Tango que de mi vida fuiste dueño,
    donde están todos mis sueños,
    donde han ido aparar?”
    Así se le oía decir
    cuando empezaba a tomar.
    Dicen que fue una mina
    que lo hizo enamorar
    y dicen que fue esa mina
    que logró su corazón destrozar.

    Era un hombre milonguero,
    el mejor de los tangueros
    cuando se ponía a bailar,
    sus cortes y quebradas,
    sus ganchos y sacadas,
    la elegancia de su caminada,
    imposibles de imitar.

    “Tango que siempre fuiste amigo
    decime donde se ha ido,
    decime si ha de volver.
    Tango si la vuelves a ver,
    no le digas que mi vida
    sin ella no tiene sentido
    que desde cuando se ha ido
    no hago más que beber.

    Tango que de mi vida fuiste dueño
    yo se bien que vos sabés
    que todos aquellos sueños,
    para siempre están perdidos.
    Decime vos,porqué no la olvido,
    si todos aquellos sueños
    se los llevó esa mujer…

    Autor:F. Papa

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