SCRIVERE DI TANGO

Yo soy el tango di Michele Balboni

PUBBLICATO IL 13 Marzo 2023

Scrivere di tango è la nuova rubrica di Tango y Gotan, nata per celebrare il tango come forma letteraria. Verranno pubblicati racconti brevi, poesie e brani scritti da voi, questa settimana pubblichiamo la prima di tre parte di un racconti di MIchele Balboni. Potete proporre i vostri elaborati alla Redazione scrivendo a comunicazione@faitango.it.

Yo soy el tango

di Michele Balboni

-PRIMA PARTE-

Yo Soy
el tango milongón
nacido en los suburbios
malevos y turbios.
Hoy,
que estoy en el salón,
me saben amansado,
dulzón y cansado.
Pa’ qué creer,
pa’ qué mentir
que estoy cambiado,
si soy el mismo de ayer.
Escuchen mi compás
¿No ven que soy gotán?
Me quiebro en mi canción
como un puñal de acero
pa’ cantar una traición.
Me gusta compadrear,
soy reo pa’ bailar,
escuchen mi compás:
Yo soy el viejo tango
que nació en el arrabal.
Hoy,
que tengo que callar,
que sufro el desengaño,
la moda y los años.
Voy,
costumbre de gotán,
mordiendo en mis adentros
la rabia que siento.
Pa’ qué creer,
pa’ qué mentir
que estoy muriendo,
si yo jamás moriré.

Non c’è bisogno di tradurre il testo di questa canzone perché

<Serata speciale amici ballerini!

Abbiamo la fortuna di avere qui con noi il Tango in persona!>

 

Assistiamo alla conferenza tenuta da un misterioso individuo prima dell’apertura delle danze in una serata senza data, in una milonga indefinita, in un luogo qualsiasi.

Le domande che tutti noi praticanti ci poniamo circa il nostro ballo troveranno le risposte cercate per bocca della fonte più autorevole possibile: il tango stesso.

Il tango è il ballo più bello ?”

Si accendono le luci sui relatori.

La sala è piena, gli spettatori-ballerini sono elegantemente vestiti, si muovono sulle sedie. I più non attendono altro che l’inizio delle danze. In molti però la curiosità per l’argomento e l’originalità delle proposta tematica convive con l’ansia di muovere i piedi a tempo di musica e stare abbracciati. Ma chi parla è consapevole che si tratterà di una resistenza breve.

La giornalista, non più giovane, ma avvenente e consapevole della sua bellezza si prepara all’intervista. Sta seduta su uno sgabello, appare distratta, quasi insofferente. Bionda, le gambe affusolate sono accavallate con malizia verso il pubblico.

L’uomo di età indefinita, ma certamente non più giovane, siede più in basso, scomposto su una poltrona. Non è vestito in maniera elegante, ostenta un cappello a tesa larga che lo rende ridicolo e fuori tempo.

 

<Possiamo cominciare ?>

<Come vuole, è lei che fa le domande>

<Bene. Quindi sig… lei dice di essere il tango in persona… come possiamo crederle?>

<Per la precisione non ho detto questo. Io sono io. Ma per un misterioso motivo da qualche giorno sono…sono, come dire? sono posseduto dal tango. Cioè il tango è dentro di me e parla in prima persona>.

<Ah… quindi lei sostiene che lo spirito – o forse il demone – del tango sia entrato nel suo corpo…>

<Sì, più o meno…>

<Mamma mia… dobbiamo aspettarci vomiti verdi e urla come quelli della bambina Regan nel film l’Esorcista?>

< No, no, (sorride, scoprendo denti ingialliti), non si preoccupi. Il mio più che un demone è un angelo custode e niente sporcherà il suo tubino nero… a proposito, complimenti>.

La giornalista si riassetta i capelli e si assesta sullo sgabello: <Grazie>.

<Ci dica quindi qual è il segreto di questo ballo, così amato da chi lo pratica e ammirato da chi – come me (sorride) – non ne è capace… In verità anni fa ho frequentato un corso, ma ora non ricorderei nulla se dovessi ballare…> (sorride verso il pubblico).

L’uomo (o il vecchio) si volta verso gli spettatori-ballerini, per ora pazienti.

<Dicono che sono il ballo più bello di sempre. Che quando volando mi poso su un ballerino questi rimane per sempre avvolto nel mio abbraccio.

Il tango è l’abbraccio.

Io sono l’abbraccio.

Nei magici rarefatti momenti che precedono l’inizio del ballo, quando la musica non ha ancora invaso tutta l’aria della sala, i ballerini – come ben sapete e praticate – si fronteggiano e si accomodano l’uno nelle braccia dell’altro. Nulla è più rassicurante e caloroso di un abbraccio, nella sala da ballo e nel mondo esterno. L’abbraccio è la misura della circonferenza di due corpi uniti. Anche se il ballo si articolerà in evoluzioni complesse, che ora chiamate “figure”…> il suo sguardo ora colpisce uno spettatore posizionato in seconda fila <…mai il patto dell’abbraccio siglato nei primi momenti andrà sciolto: tutto si svolgerà nel cono che contiene voi ballerini protagonisti. E altrettanto di forma circolare saranno i movimenti eseguiti dalla coppia, giri interi o mezzi, giri a destra o a sinistra. La stessa fila più o meno ordinata di ballerini in azione si dispiegherà in senso antiorario attorno alla sala. Quindi tre livelli di figure tonde, di cerchi concentrici articolano la serata di tango, restando il cerchio la forma perfetta e più enigmatica: ecco il motivo, forse il mistero, per cui chi entra nella mia sfera e ne respira il sentimento non ne esce più>.

<L’abbraccio quindi…Ma ci dica un po’ delle sue origini…>

<Non partecipo volentieri alle discussioni sulle mie origini, tantomeno sulla mia data di nascita e – secondo alcuni – di morte. Mi limito a ricordare che sono creatura anomala perché ho tre genitori di cui non è noto il sesso: un negro mi soffiò il suo innato senso per il ritmo, un gaucho mi regalò la melodia presa da canzoni suonate sotto le stelle degli spazi aperti indefinitamente larghi della pampa, un italiano mi diede voce tramite parole perlopiù di amore e nostalgia.

Questi elementi mescolandosi hanno dato vita ad un essere al contempo allegro e triste, profondo e spensierato, che si muove solo ballando, ma – attenzione – lo fa su quattro gambe..> piccola pausa, fissa una ballerina in prima fila <…su quattro gambe – dicevo: il ballo appunto che tanto ci appassiona, la musica, il canto e i testi poetici delle canzoni>.

<Non solo ballo quindi…>

<Sì, proprio così, tanto ballo ma non solo.

Anzi le confesso che accetto a malincuore che qualche ballerino non apprezzi tutte queste mie diverse componenti. Tuttavia pur di essere praticato e studiato mi rendo sempre presente e disponibile per la sola danza, anche se – invero – in alcune serate, resto appeso ai lampadari osservando ciò che avviene là sotto, speranzoso di prendere corpo compiuto>

<Appeso ai lampadari…?>

<È un modo di dire, mi faccia proseguire. Non è solo per puro istinto di sopravvivenza che sempre e comunque mi presento alle serate in milonga, girando in tutto il mondo nelle sale più eleganti, nei circoli popolari, finanche in stanzoni squallidi: ovunque conservo l’ambizione di riproporre le emozioni di cui sono portatore e custode, e questo spesso succede. La mia essenza e il mio intentla o è proprio dì avvolgere nella reciproca emozione un uomo e una donna. Sarà desiderio sensuale o addirittura amore? Sarà semplice voglia di contatto nel ballo? Ma dove finisce l’uno e inizia l’altro?>

<Belle parole. Ma lei è sicuro di sentirsi bene? mi sembra un po’ emaciato…>

<No, non si preoccupi per me. Ma quando parlo di me stesso mi emoziono sempre. Anzi mi consenta una breve pausa per bere, grazie>.

– CONTINUA LA PROSSIMA SETTIMANA-

Michele Balboni. Dirigente d’azienda, appassionato di tango e ballerino maldestro, scrittore velleitario, spallino della prima ora… faccio grazia ai lettori del seguito. Ho pubblicato Il mio tango (Volta la Carta edizioni, 2013), La Diva del tango – alla ricerca del nino rubato ( Faust edizioni 2014) Premio letterario per i Diritti Umani, consegnato a Papa Franscesco il 17 Dicembre 2014, Il tango delle parole – racconti e fastasie (Europa edizioni, 2016).

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