Silvio Zalambani

sassofonista, compositore ed arrangiatore

PUBBLICATO IL 20 Maggio 2024

Abbiamo intervistato Silvio Zalambani, sassofonista, compositore ed arrangiatore, che da diversi anni divide la sua attività musicale in tre aree in relazione tra loro: artistica, didattica e di ricerca sulla musica tradizionale latinoamericana, in particolar modo riguardo al tango e alla cultura cubana e brasiliana. Per ulteriori informazioni: Silvio Zalambani

Silvio, come hai deciso di suonare tango, tu che suoni il sax, uno strumento che nemmeno fa parte della storia di questo genere musicale?

E’ una lunga storia che ha avuto inizio oramai da oltre 30 anni, durante i miei studi in Conservatorio nel lontano 1991, scoprì alcuni brani di Astor Piazzolla proposti da un pianista con cui suonai nel saggio di fine anno, da quell’episodio del tutto casuale cominciai un lunghissimo percorso che non avrei mai immaginato, prima attraverso la musica di Piazzolla poi, negli anni successivi, scoprendo tutto il mondo del tango che veniva prima di lui fino alle origini e dal tango poi entrai nel più ampio mondo musicale latinoamericano, passando anche per Cuba, i Caraibi, la Spagna e il Brasile.

Il problema che dovetti affrontare fin da subito, fu proprio quello riguardante il mio strumento e cioè come inserirlo e adattarlo all’interno del linguaggio del tango, visto che il sax non faceva parte di quella musica e né della sua tradizione. Dopo vari tentativi maldestri e diversi anni di avvicinamento e apprendistato optai per il sax soprano, che soprattutto per qualità timbriche notai che si amalgamava molto bene con gli altri strumenti più usuali e con un ruolo sostitutivo rispetto al convenzionale bandoneon.

 

Quali sono state le tue prime esperienze professionali nel tango?

 

Come dicevo, i primi anni sono stati di puro avvicinamento e di vera e propria scoperta del genere e dei personaggi più rappresentativi di questa musica e tutto ciò mi portò ad affinare le conoscenze e a creare il mio primo progetto musicale agli inizi del 1997, Tango Tres, un trio composto da sax soprano, violino e chitarra, con cui poi ho proposto per circa 25 anni il repertorio delle origini del tango, la Guardia Vieja, con una formazione simile a quelle in voga all’epoca ma con arrangiamenti miei del tutto originali ed attuali, incluse alcune parti che mi sono sempre riservato per le mie improvvisazioni, senza però allontanarmi troppo dal carattere tanguero.

Per potermi avvicinare il più possibile a un’interpretazione in stile e a una conoscenza approfondita del genere, è stato però fondamentale partire per Buenos Aires in quello stesso anno, insieme al mio amico argentino Rubén Andrés Costanzo, colui che mi ha fatto scoprire i segreti di quella città e che mi ha fatto appassionare a quella musica.

Rubén da sempre vive il tango da vero porteño, anche se vive in Romagna da oltre 30 anni, nella sua famiglia, a Buenos Aires dov’è nato, c’è una lunga lista di parenti che hanno vissuto tutta l’epoca d’oro del genere e tra questi ci sono anche scrittori, poeti e persino un musicista che suonò anche nell’orchestra di Osvaldo Fresedo.

Naturalmente in quel mio primo viaggio nella città del tango, ebbi anche modo di ascoltare dal vivo alcuni dei grandissimi interpreti di quella cultura musicale, come il duo composto da Horacio Salgàn e Ubaldo De Lio, il Nuovo Quinteto Real che allora vedeva ancora la presenza del violinista Antonio Agri e persino la cantante Nelly Omar, tutti insieme in una notte magica al Club del Vino nel quartiere di Palermo, un vero e proprio tempio del tango, ahimè ora non più esistente.

Ma ascoltai anche l’Orchestra del Tango della città di Buenos Aires diretta da Raul Garello e inoltre visitai tantissimi luoghi rappresentativi, come ad esempio il Club de Tango, un luogo a metà strada tra un negozio e un museo, pieno di reliquie di ogni tipo e ovviamente anche musica, gestito dal suo fondatore Oscar Himschooot, un vero cultore del genere sotto tutti gli aspetti, oramai scomparso da un po’ di anni.

Ricordo ancora la sua espressione di stupore e curiosità quando gli dissi che avevo iniziato a studiare tango in Italia, che si trasformò subito dopo in una smorfia di sdegno e disapprovazione quando risposi alla sua domanda su quale strumento io suonassi, quando uscì dal suo negozio e mi congedai da lui mi salutò a stento.

In quel viaggio mi resi conto immediatamente di come il Tango non sia soltanto una musica, bensì una cultura che coinvolge tutte le forme d’arte e più in generale, è il modo di vivere di quella città.

Poi è stato altrettanto fondamentale per me, conoscere e parlare anche con grandi musicisti già appartenenti alla storia del tango come Horacio Malvicino e Gustavo Beytelman, così come l’approfondimento attraverso l’ascolto dei vari stili e di tutti i principali musicisti che hanno creato e sviluppato questa musica e naturalmente l’apprendimento della lingua e lo studio della storia e di altre forme d’arte che gravitano attorno al tango oltre alla musica, come la letteratura, la poesia, il cinema e il teatro, per me che sono nato e vivo in Romagna e non a Buenos Aires, non poteva esserci altro modo per tentare di entrare in quel linguaggio musicale reinterpretandolo dall’interno e non semplicemente riproducendo in qualche modo qualche brano e questo è quello che continuo ancora a fare, da circa 30 anni.

 

Quando hai iniziato a comporre brani di tango?

E avvenuto in modo del tutto spontaneo e proprio in corripondenza di quel mio primo viaggio a Buenos Aires. Nacquero subito quattro tanghi che poi incisi successivamente col mio secondo progetto musicale denominato Grupo Candombe, nel quale inserì oltre al violino e la chitarra anche il pianoforte e il contrabbasso, in una formazione presa a prestito dal tipico quintetto di stile piazzolliano, ma col mio sax al posto del bandoneon.

E’ stato proprio grazie a quel progetto che venni invitato per la prima volta alla Cumbre Mundial del Tango, la quinta edizione del 2005 tenutasi a Siviglia in Spagna, dove eseguì proprio quei miei quattro tanghi sul prestigioso palco del Teatro Lope de Vega e davanti a personaggi importantissimi come i ballerini Juan Carlos Copes e Miguel Angel Zotto, avendo modo poi di conoscerli e di scambiare anche qualche chiacchiera a tavola con loro. Nei festival successivi ai quali fui invitato ebbi occasione di ascoltare dal vivo anche altri giganti del tango come il cantante-bandoneonista Rubén Juarez, l’Orchestra Típica Fernández Fierro e persino lo storico cantante Alberto Podestà.

La mia vena compositiva è poi proseguita negli anni e ad oggi ho circa una trentina di composizioni che suono alternativamente durante i miei concerti, in uno stile nel quale echeggiano sicuramente sfumature piazzolliane, ma che è del tutto contemporaneo ed attuale.

Inoltre, eseguo spesso i miei brani anche come solista con altre formazioni, orchestre d’archi o ensemble di sassofoni, ma naturalmente anche con gruppi di musicisti argentini, ad esempio l’ultima volta che ho suonato a Buenos Aires è stato proprio come solista con due differenti orchestre, quella della Camerata Monte Grande diretta dalla violinista Marisol Canessa, già violinista del Sexteto Milonguero, e quella della Camerata Almagro diretta da Pablo Motta, uno dei migliori contrabbassisti della scena contemporanea di Buenos Aires.

 

Tu hai suonato tante volte in sudamerica e ti esibisci spesso in Spagna come in tutta Europa, come reagisce il pubblico alla tua musica?

Beh devo dire che in generale la risposta del pubblico è sempre piuttosto entusiastica e anche quella degli addetti ai lavori e particolarmente in Spagna e in Sudamerica, siccome poi parlo bene anche lo spagnolo, spesso mi scambiano persino per un latinoamericano o addirittura un’argentino emigrato in Europa.

Ci sono poi vari musicisti in giro per il mondo, che suonano abitualmente già da qualche anno alcuni miei brani nei loro programmi e questo mi riempie di orgoglio.

Fino ad oggi ho partecipato a sei edizioni della Cumbre Mundial del Tango, dal 2005 al 2018, svolti in diversi paesi, in Spagna, Cile, Finlandia e naturalmente in Argentina e sempre con miei progetti originali e suonando composizioni mie proposte anche a Buenos Aires, persino nel famosissimo Cientro Culturale Torquato Tasso e sono stato spesso ospite anche alla Radio Nazionale Argentina e alla Radio La 2×4 Tango, dove sono abbastanza di casa diciamo.

Ho suonato anche al Festival Internazionale del Tango di Granada, presentando proprio uno dei miei dischi, Nostalgia del presente, realizzato nel 2011 insieme alla cantante argentina Sandra Rehder, una delle migliori interpreti della scena del tango attuale, residente da anni a Barcellona.

 

Tu parli sempre di tango suonato, ma hai mai a che fare invece col mondo del ballo e delle milonghe?

Il Tango lo si può vivere e intendere in vari modi, il ballo è soltanto uno di questi anche se è di certo il più diffuso a livello mondiale, io appartengo al mondo musicale e concertistico, che ovviamente è quello che m’interessa di più e a cui faccio riferimento principalmente, ma ripeto, il tango è tante cose ed è soprattutto un modo di vivere e intendere la musica così come la vita, nei primi anni ho collaborato spesso col maestro coreografo Oscar Benavidez, storico ballerino argentino anch’esso residente in Italia, col quale ci siamo esibiti in molti teatri e festival.

Tra l’altro, poco tempo fa mi è capitato di esibirmi come ospite del progetto musicale Tablao de Tango, composto da Franco Luciani, El Chino Laborde e Raul Chiocchio, proprio in una milonga di Bologna e per tutto un intero set composto da ben tre tande riservate ai milongueros presenti, tra l’altro in un formato davvero insolito per quell’ambiente: voce, armonica a bocca, sax soprano e chitarra.

 

Cos’è per te il tango e come lo vivi da musicista italiano?

Quando andai a Buenos Aires la prima volta, passai più tempo girando per le strade o seduto nei bar a guardare i luoghi e ascoltare la gente, piuttosto che in milonghe o teatri e ho appreso l’umore e l’essenza di quei luoghi e di quei momenti anche senza musica e ballo, il Tango è insito nel carattere di quella città e dei suoi abitanti. Come dico spesso durante le mie lezioni, a volte c’è più tango per le strade e nei bar di Buenos Aires o nelle pagine dei racconti scritti da Osvaldo Soriano, Leopoldo Marechal e Jorge Luis Borges, che nella musica stessa, senza quella città il Tango non esisterebbe, oppure sarebbe semplicemente un’altra cosa.

Il tango è una forma artistica che l’Unesco ha dichiarato patrimonio dell’umanità, ed è espressione della cultura cittadina del Rio de la Plata, anche se oramai è un linguaggio universale ed internazionale, inoltre poi, è stato esportato da tempo da numerosi argentini che vivono in Europa ed è quindi anche più facile avere contatti e scambi professionali, con alcuni di questi io ho persino instaurato rapporti duraturi di vera amicizia, come con Sandra Rehder o col pianista Federico Lechner che vivono in Spagna, oppure ancora col chitarrista Adrian Fioramonti, che vive proprio qui in Italia, oltre a Rubén Costanzo naturalmente.

Per me il tango è in ogni caso una forma di espressione con la quale sono entrato in empatia naturale e attraverso cui riesco ad esprimere le mie emozioni e il mio modo di intendere la musica, ma che ho dovuto inevitabilmente studiare per molto tempo e che ancora oggi cerco di sviluppare continuamente, non lo affronto mai in forma semplicistica o superficiale e di certo non suono tango per moda, che piaccia o no, così come tutte le altre musiche latinoamericane che suono oltre al tango, infatti compongo ed eseguo anche musica in stile cubano e brasiliano, esattamente con la stessa empatia, competenza e professionalità con cui suono il tango.

 

Quali progetti proponi ultimamente sul tango e quali pensi di proporre in futuro?

Attualmente mi esibisco col mio gruppo Silvio Zalambani 4to Tango, del quale oltre a me fanno parte Massimo Mantovani al pianoforte, Vittorio Veroli al violino e Gianluca Ravaglia al contrabbasso, ed entro quest’anno incideremo insieme il mio prossimo CD con 12 tanghi nuovi, inclusa una suite di cinque brani dedicata all’ambiente della Milonga, ciascun brano rappresenta infatti la caratterizzazione dei personaggi più tipici che frequentano abitualmente quei luoghi, in qualsiasi parte del mondo.

Poi ho un progetto denominato Silvio Zalambani Amerindia Ensemble, dove il mio sax soprano è accompagnato da un quartetto di sassofoni tutto al femminile, composto da Isabella Fabbri, Chiara Lucchini, Anna Paola De Biase e Alessia Berra, insieme a loro ho inciso  e presento l’ultimo mio CD Saxofón Porteño, interamente arrangiato da me e dedicato a Buenos Aires e ad alcuni dei suoi più importanti autori, sia del passato che del periodo contemporaneo, come Osvaldo Pugliese, Astor Piazzolla, Sonia Possetti e Diego Schissi.

Poi sempre verso fine anno esordirò col nuovo trio di cui, oltre al sottoscritto, fanno parte anche  Sandra Rehder alla voce e Adrian Fioramonti alla chitarra e agli arrangiamenti, in un progetto titolato Tango Malandra, nel quale proporremo autori e brani classici ma in versione totalmente originale e raffinata e con molte parti letterarie poetiche, esordiremo in un tour di concerti in Svizzera e probabilmente anche in Italia a fine novembre prossimo.

Naturalmente proseguo anche col progetto in duo insieme al pianista Federico Lechner, argentino ma residente a Madrid, col quale lavoro oramai da 13 anni in un progetto dalle influenze jazzistiche, ma contaminato dalla musica latinoamericana e mediterranea, incluso molte sfumature tanghere.

Tra l’altro, proprio grazie a Federico, due anni fa sono stato ospite del suo progetto dedicato ai 100 anni dalla nascita di Piazzolla, in un magico concerto realizzato all’Auditorium Nacional de Madrid con un super gruppo di musicisti spagnoli e latinoamericani, del quale facevano parte Daniel “Pipi” Piazzolla alla batteria, nipote di Astor e grandissimo interprete della musica argentina contemporanea, Sheila Blanco alla voce, Antonio Miguel al contrabbasso, Claudio Constantini al bandoneon, naturalmente io e Federico e un’intera orchestra da camera.

 

 

Per concludere la nostra intervista, oltre all’attività artistica tu svolgi da sempre anche ricerca e didattica, essendo anche docente di Conservatorio, come riesci ad inserire la musica latinoamericana e il tango negli ambienti accademici?

Purtroppo non esistono ancora cattedre o materie d’insegnamento in istituzioni accademiche italiane che riguardino la musica latinoamericana, soltanto il Conservatorio di Rotterdam in Olanda ha un Dipartimento specifico per la World Music, che comprende anche la musica latinoamericana e dove fino a qualche anno fa era attivo anche un corso di tango per musicisti, aperto alla fine degli anni ’80, quando in quell’istituto fu ospite proprio Osvaldo Pugliese, ora purtroppo è stato chiuso, ma continuano ad esserci un corso di musica cubana, brasiliana e di flamenco, oltre a quella indiana e turca.

In Italia siamo molto più indietro dal punto di vista artistico e didattico, come in molti altri campi, mi duole doverlo dire ma per chi come me si confronta da sempre con gli altri paesi europei e americani, il confronto ci vede perdenti, ma in ogni caso, quando mi è possibile io propongo corsi di storia del tango e anche corsi per strumentisti inserendoli all’interno delle materie complementari dei piani di studio, soprattutto di quelli appartenenti al Dipartimento Jazz del Conservatorio dove insegno.

Mi capita invece da molti anni di proporre Masterclass sul Tango soprattutto in Spagna e persino in Brasile, ma anche di abbinarle a corsi di ballo in varie milonghe italiane, come ad esempio è capitato a Ravenna, Bologna, Pescara, Trento e in Sicilia, ovviamente in questo caso il mio rapporto coi ballerini è esclusivamente di tipo didattico-storico, ma trovo generalmente molto interesse da una parte di loro.

Infine, entro quest’anno, dovrei riuscire a terminare anche la scrittura di un libro al quale tengo moltissimo e sul quale sto lavorando da circa un anno e che riguarda proprio le origini del Tango, nel quale ripercorro a ritroso tutto lo sviluppo, l’utilizzo e l’origine della parola e dei ritmi che hanno contaminato tutto il mondo musicale latinoamericano, mediterraneo e non solo.

E’ un lavoro al quale tengo molto perché in pratica riassume gli studi, le ricerche e i viaggi compiuti da me in circa 30 anni di esperienza nel mondo musicale e in tutto ciò che gli è affine, ed ho anche la fortuna di potermi avvalere dei consigli di alcune importanti personalità, come Maria Susana Azzi, biografa ufficiale di Astor Piazzolla e Membro dell’Accademia Argentina delle Arti e della Scienza della Comunicazione, nonché una delle più influenti antropologhe culturali del suo paese, una vera e propria miniera di conoscenza sulla cultura argentina e non solo, che tra l’altro ho avuto la fortuna di conoscere proprio durante un mio concerto, in modo del tutto casuale.

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