IL “Tango” di Jorge Luis Borges
Quattro conferenze a Buenos Aires nel 1965
PUBBLICATO IL 11 Novembre 2024
Jorge Luis Borges tiene quattro conferenze sul tango nel 1965 a Buenos Aires. Per fortuna, le conferenze vengono registrate e, nel 2012, le audiocassette arrivano allo scrittore Cesar Antonio Molina che ne parla con la vedova di Borges, Maria Kodama. Quest’ultima ignara della vicenda, ascolta il materiale registrato e ne conferma l’autenticità. Nel 2016, questo documento curato da Martin Hadis, è pubblicato con il titolo “Il tango” di Jorge Luis Borges.
J.L. Borges, uno degli scrittori più influenti del xx secolo, maestro indiscusso della letteratura mondiale, si documenta sul tango quando nel 1929 inizia a scrivere la biografia del poeta Evaristo Carriego. Fa ricerche, incontra la ‘gente’ del tango, raccoglie testimonianze e nelle “chiacchierate” del 1965 definisce la genesi del tango; la data e il luogo di nascita: 1880, Buenos Aires. L’allora piccola città di periferia, che Borges identifica con il barrio Sur, ha case basse, niente alberi nelle strade, i mattatoi, le “casas malas -postriboli ma anche luoghi d’incontro per giocare a carte, bere un bicchiere di birra, incontrare amici. Qui, tra gli immigrati e gli emarginati dei bassifondi, si inizia a ballare il tango, ballo indecente non accettato dal popolo, danza che trae origine dai balli popolari quali la milonga, l’habanera, il tango andaluz. Borges passa in rassegna i protagonisti del tango: il “compadre”, attaccabrighe, guappo di periferia, maestro di coltello; il compadrito bulletto chiacchierone; le donne di vita; i “ninos bien”, bande di rissosi e sfaccendati che, nella decade tra il 1910 e il 1920, portano il tango a Parigi dove diventa presentabile e guadagna i salotti europei. Parla, poi, degli strumenti del tango e, seguendo la tesi che il ballo non nasce in periferia, perché “a quei tempi i sobborghi di Buenos Aires erano molto vicino al centro”, gli strumenti originari sono il pianoforte, il flauto e il violino, e non la chitarra, lo strumento popolare per eccellenza, che arriva molto tempo dopo.
In queste conferenze, che contengono imprecisioni e divagazioni, Borges non affronta la storia, le tematiche, il linguaggio poetico del tango ma enfatizza la fase iniziale della sua nascita, sostenendone la superiorità rispetto al suo sviluppo futuro. Già nella biografia di Evaristo Carriego parla di un tango imbastardito: “Ricordo che verso il 1926 attribuivo agli italiani (…) la colpa della degenerazione del tango. … un tango “criollo” imbastardito dai “gringos… “. Resterà sempre convinto dell’eccellenza del tango ‘antico’ rispetto a quello ‘nuovo’; nel primo c’è il coraggio, la spavalderia, lo spirito combattivo del compadre, nel secondo, il tango-cancion, la tristezza, il lamento, il languore. Una visione parziale, riduttiva, nostalgica che rifiuta l’evoluzione dei decenni successivi. Come scrive Meri Lao nel suo libro Todo Tango:” Il tango lo immaginava nato da guappi leggendari e riteneva si fosse rovinato diventando un genere sentimentale esecrabile e piagnucolone, un catalogo di fallimenti. E pensare che, scrive sempre Meri Lao:” Da una mia indagine sulle canzoni latinoamericane, Jorge Luis Borges (1899 – 1986), figura magna della letteratura contemporanea, è risultato essere il poeta più musicato.”
Anna Paudice
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