Il Papa, il tango e la furlana: storia di un bluff

Pio X e la leggenda dell'assoluzione del tango

PUBBLICATO IL 5 Gennaio 2017

di Roberto Finelli Roberto Finelli

Un tango per Papa Francesco, Dicembre 2014

Dicembre 2014: Un tango per Papa Francesco.

Vi ricordate “Un tango per Papa Francesco“?

Come dimenticare un evento che rimarrà a lungo nella memoria collettiva della comunità del tango:
nel 2014  tremila persone si unirono in un abbraccio collettivo al ritmo del 2×4 in Piazza San Pietro.
Erano là per festeggiare, ballando, il compleanno del nostro Papa Argentino, così amato dai fedeli e non solo da loro.


Gennaio 1914: Il Cardinale Vicario di Roma proibisce il tango.

Gennaio 1914: Il Cardinale Vicario di Roma proibisce il tango.

Non molti sanno però che, inconsapevolmente, quel gruppo stava anche celebrando -e nella maniera migliore- un centenario davvero singolare: il centenario della dura condanna Episcopale del tango.
Sì, perché se quelle tremila persone, invece di ballare sotto la finestra di Papa Francesco nel 2014, avessero ballato al cospetto di Papa Pio X nel 1914, al posto di una benedizione avrebbero rischiato un serio e severo ammonimento. Il tango era considerato un ballo indecente ed oltraggioso a cui nessun Cattolico timorato di Dio avrebbe dovuto accostarsi, neanche solo per guardarlo.

La condanna del tango nel 1914 suscitò molto clamore e, nonostante molti lo credano, non è mai stata cancellata ufficialmente.
Papa Francesco però ha evidentemente sancito – con i fatti – che oggigiorno non sussiste più nessun veto nei confronti del tango, accettando con entusiasmo questa milonga improvvisata in San Pietro.

Papa Francesco parla con semplicità delle sue passioni di gioventù. Passioni innocenti come quella per la musica e per il ballo: ed anche per questa sua spontaneità Francesco è simpatico a tutti.
Certamente sarebbe piaciuto anche ai nostri bisnonni nel 1914 avere un Papa come Francesco. Infatti, come stiamo per scoprire, già allora qualcuno provò ad immaginare che il loro Papa fosse a suo agio con il ballo ed il divertimento. Ma non gli riuscì altrettanto bene.

La storia che andiamo a raccontare è molto interessante perché dimostra come un’interpretazione dei fatti distorta da interessi commerciali può trasformarsi, un secolo dopo, in un dato storico accettato da tutti.
Di quale dato storico stiamo parlando?
L’articolo sul Corriere della Sera, contenente la cronaca del tango in San Pietro, riporta come inciso anche una vecchia leggenda che abbiamo sentito tutti raccontare almeno una volta: quella della presunta assoluzione Papale del tango.

L’esibizione di tango davanti a Pio X come immaginata dai giornali dell’epoca

Secondo questa leggenda, un secolo fa, il Papa avrebbe convocato in Vaticano una coppia di ballerini per un’esibizione privata di tango. Al termine dell’esibizione avrebbe assolto il tango dicendo che non vedeva grandi peccati in questo ballo, anche se francamente preferiva la danza della furlana.
Le versioni di questa leggenda sono molte e diverse.
Qualche versione, come per esempio quella riportata da Wikipedia (ma anche da Famiglia Cristiana) riferisce che il Papa sarebbe stato Pio X, ed avrebbe ricevuto nel 1913 una coppia di nobili Romani.
Qualche altra versione della leggenda, come quella menzionata dal Corriere, riporta che l’esibizione sarebbe avvenuta nel 1924 davanti a Pio XI ed il ballerino convocato sarebbe Casimiro Ain detto il Vasco.  Meri Lao riporta (dubitativamente) una presunta intercessione del ministro Argentino Garcia Masilla. La Repubblica indica addirittura in un titolo del 2000 l’esibizione di Francis Pichetti, figlia di un importante maestro di danza Romano.

Che si tratti di una leggenda è stato assodato da diversi studi su fonti originali dell’epoca. Il musicologo Enrique Camara de Landa ne ha ricostruito chiaramente l’origine: come riporta anche l’archivio argentino TodoTango, si tratta di un falso giornalistico a scopo pubblicitario.

logo-radioAbbiamo dedicato a questo argomento l’intera trasmissione di Ottobre di Radio Crossover Tango, con letture d’epoca interpretate da attori. E’ stata anche l’occasione di dare uno sguardo a come vivessero il tango i nostri antenati Italiani e Francesi nel primo novecento, quando la danza argentina era appena sbarcata in Europa.

Torniamo allora al primo 1900 per capire come e perché sia nata la leggenda dell’assoluzione Papale del tango.

A quel tempo il tango imperversava in tutta Europa : tra il 1912 ed il 1913 era un vero e proprio fenomeno di massa. E naturalmente anche in Italia si ballava il tango: i maestri autenticamente argentini erano pochi ma in compenso c’erano molti italiani, professionisti della danza, che coltivavano questa nuova moda.
A Roma l’insegnante di danza più conosciuto era Enrico Pichetti. Pichetti, fondatore dell’omonima Accademia nel 1903, titolare di una sala da ballo molto in voga e maestro di ballo di molti rappresentanti dell’alta aristocrazia Romana, è stato un personaggio centrale per il ballo da sala in Italia. Il successo del tango era per lui una voce significativa del suo business.

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Tango, dipinto di Cesare Maggi (Torino 1914)

Tra il Dicembre del ’13 ed il Gennaio del ’14 però il vento cambiò improvvisamente direzione.
Dalla Francia e dalla Germania iniziarono a sollevarsi verso il tango voci di scandalo, sia di origine religiosa che aristocratica, e rimbalzando di Paese in Paese arrivarono fino a New York ed anche in Italia.
Si riteneva che il tango fosse osceno, immorale, una rappresentazione di vizio e depravazione.
Forse quest’idea nacque dal modo in cui il tango veniva espresso nei varietà, un po’ caricaturale e volutamente eccessivo. Forse invece si trattava del fatto che era un ballo che prevedeva un contatto molto stretto fra i ballerini.
Lo stesso nome tango, interpretato come voce del latino tangere (“toccare”) sottolineava la promiscuità del ballo.

Basilio Pompilj, Cardinale Vicario di Roma nel 1914

Basilio Pompilj, Cardinale Vicario di Roma nel 1914

Quindi tuonarono le condanne, e fece molto scalpore quella del Cardinale di Parigi Mons. Amette, che attaccava il tango proprio dal massimo pulpito della città simbolo e culla Europea del ballo Rioplatense. Tanto che il Prof. Stilson, che insegnava tango a Parigi, pensò bene di citare in giudizio il Cardinale per i danni da mancato guadagno, che valutò in 20.000 franchi dell’epoca.

Anche in Italia si pronunciarono contro il tango numerosi alti prelati, tra cui il Cardinale di Bologna, il Patriarca di Venezia, l’arcivescovo di Firenze, ed infine venne la condanna più importante: quella del Cardinale Vicario di Roma, Basilio Pompilj, che lanciò il suo messaggio contro il tango ai Parroci di Roma dalle pagine dell’Osservatore Romano.

Questa crociata contro il tango metteva in allarme tutti i professionisti del settore, incluso Pichetti, che temevano di veder svanire il business della danza di moda, business molto lucroso perché vista la richiesta il tango veniva insegnato a tariffe di tutto rispetto.

In realtà la stampa dava spazio anche ad opinioni ironicamente realistiche, come L’Illustrazione Italiana che l’8 Febbraio scriveva: “se fossi l’avvocato del Monsignor Amette, sosterrei questa tesi: che la proibizione vescovile farà guadagnare meno anime in cielo che allievi al prof. Stilson.
Fino a ieri si poteva ancora discutere se il tango fosse o no peccaminoso. Nel dubbio molti si astenevano; se non era veramente un peccato lo trovavano troppo caro. Ma ora c’è la dichiarazione ufficiale: è proprio peccato! Dunque lo si può pagare a qualunque prezzo!”

Jean Carrère

Jean Carrère

A sparigliare le carte in tavola arrivò però un evento imprevisto.
L’articolo di un giornalista francese, Jean Carrère, che sulle pagine del giornale Le Temps di Parigi narrava di un episodio avvenuto in Vaticano e che aveva suscitato scalpore in tutti i salotti mondani di Roma.
Nel suo racconto Carrère parla di un’aristocratica coppia di ballerini, il Principe Guido Antici Mattei e sua sorella, invitati da Pio X in Vaticano per mostrare i passi del tango.
Secondo il racconto di Carrère, durante l’esibizione la coppia diede prova di molto nervosismo ed alla fine del loro ballo il Papa li prese amabilmente in giro, dicendo che il tango non era poi quel granchè, e che si sarebbero sicuramente divertiti di più ballando la furlana.
Quest’articolo era un vero colpo di scena dopo le dure parole di condanna del Cardinale Vicario: difatti suscitò molto interesse e ci fu un tam tam su tutti i giornali d’Europa e d’America, che riportarono questa notizia in tutte le lingue.

La furlana (da "L'illustrazione Italiana")

La furlana (in un disegno da “L’illustrazione Italiana”)

Leggendo l’articolo di Carrère però risulta evidente che il giornalista non aveva certo come priorità quella di salvare il tango dalle furie dei religiosi, anzi l’opposto. Inoltre il tango aveva già avuto il suo apice tra il 1912 ed il 1913: le mode a quei tempi erano molto fugaci, prima del tango avevano fatto furore la maxixe, il grizzly bear, l’one step, il turkey trot, e la gente aveva già desiderio di qualcosa di nuovo.

Il vero centro dell’articolo di Carrère era la furlana.
La conclusione dell’articolo è l’esaltazione di questa danza veneta, che il Papa avrebbe dichiarato essere la sua preferita, e la previsione che con uno sponsor di così alto lignaggio la furlana sarebbe stata di sicuro il prossimo ballo di moda ed avrebbe espropriato il tango nelle preferenze dei ballerini.

Ed il bello è che Carrère aveva ragione.
La furlana fu la grande HIT del 1914: a Parigi, a Roma, in tutta Europa e persino a Buenos Aires ci fu immediatamente grande curiosità e grande richiesta per quella che fu soprannominata la danza del Papa.

Enrico Pichetti balla la furlana con sua moglie (da Caras y Caretas)

Enrico Pichetti balla la furlana con sua moglie
(da Caras y Caretas)

Naturalmente Pichetti fu il primo ad approfittare di quest’opportunità.
Del resto l’articolo di Carrère era stato concepito esattamente con questo intento, e ce lo racconta lo stesso Enrico Pichetti nella sua autobiografia. Dopo che le gerarchie Ecclesiastiche avevano vietato il tango, il maestro di ballo aveva tutta l’intenzione di correre ai ripari mettendo in voga e sponsorizzando un ballo contro cui i prelati non avrebbero potuto puntare l’indice accusatore, perché la furlana era sostenuta dallo stesso Papa.

La furlana però, come scrive Pichetti, non era ballo da sala. Era un ballo folkloristico, e per renderlo consono ai desideri ed alle aspettative dei ballerini da sala occorreva adattarlo. Ma questo non era un problema per un maestro di danza: del resto anche il tango che si insegnava sia a Parigi che a Roma era stato pesantemente adattato e standardizzato.
Pichetti si preoccupò di mettere insieme una furlana adatta al gusto dei suoi contemporanei ed anche di insegnarla ai professori Parigini che accorrevano a Roma per essere i primi a poterla insegnare nella Ville Lumiere.

Il giornale La Patria del Friuli commentava così la furlana di Pichetti: “Le figure della furlana ballata a Parigi e pubblicate nel Corriere Milanese di ieri, fanno dire subito che quella danza, qui in Friuli, nessuno di noi l’ha mai vista: sono piuttosto figure di balli meridionali, di tarantelle.”
Ma la carenza filologica non era certo un problema, nè per i professori di danza nè per il pubblico. Ad accompagnare la voga della furlana ci fu addirittura un ritorno di moda dello stile Veneziano del ‘700 e durante le serate mondane le donne portavano parrucche bianche o di colori sgargianti.
Il gran parlare sui giornali fu una cassa di risonanza formidabile per questi fenomeni di moda.

Il Principe Guido Antici Mattei

Il Principe Guido Antici Mattei

In realtà l’articolo di Carrère suscitò dapprima un po’ di perplessità.
Più di un giornalista commentò ironicamente la scarsa credibilità di questa “storiella”. Il Corriere d’Italia scrive severamente: “ Il ridicolo di tutto il pubblico sarebbe degno e sufficiente castigo dei pretesi informatori vaticani per l’offesa dignità dell’augusta persona del Pontefice, gratuitamente immischiato in queste invenzioni grossolane, se non reclamasse anche la protesta disdegnosa di ogni Cattolico.”

Ma il “ridicolo del pubblico” non ci fu, perchè il pubblico credette a Carrère, anche se ci furono delle vere e proprie smentite, che passarono quasi del tutto inosservate.
Il Corriere della Sera, in un un minuscolo trafiletto, riporta una notizia dell’Agenzia Stefani: “La Nunziatura Pontificia è autorizzata a dichiarare che queste voci offensive per Sua Santità sono completamente infondate”.
Il Messaggero segnala che il Principe Guido Antici Mattei in persona “ha pregato gli amici e i giornali di far sapere
ch’egli non ha danzato il tango in Vaticano alla presenza del Papa”
.

Le voci contraddittorie sulla credibilità dell’articolo di Carrère convinsero il giornalista a pubblicare, sempre sul giornale Le Temps, un articolo di precisazione in cui lui raccontava l’intera storia, comprese anche le sue motivazioni personali e la sua interpretazione dell’intera vicenda.
In quest’articolo Carrère si difende con calore dai suoi detrattori, e nell’impeto della sua arringa espone molto chiaramente che alla base di tutto c’era il suo odio per il tango, un odio non moralista, ma dalle connotazioni piuttosto chiaramente xenofobe.
Il giornalista si scaglia contro le mode importate da paesi barbari e sostiene la difesa della cultura della nostra razza e della latinità.

La rivista satirica

La rivista satirica “L’Asino”

Il “lancio pubblicitario” comunque riuscì benissimo e la furlana fu sempre più richiesta dal pubblico.
La gente era felice di credere alla storia raccontata da Carrère e di ballare “la danza del Papa”.

La stampa continuò da un lato a propagare la tesi di Carrère, da un altro lato ad ironizzare, come faceva per esempio la rivista satirica L’Asino che del resto aveva già dileggiato ampiamente il Papa sul tema del tango.
Si creò quindi questa doppia corrente, quella che portò alla creazione della leggenda di cui stiamo parlando, e quella satirica di cui fu illustre esponente anche Trilussa nel famoso poemetto pubblicato sul Messaggero.

Solo il 24 Febbario del 1914, al termine del Carnevale, l’Osservatore Romano ritenne di dire l’ultima parola su questa faccenda, con un articolo in prima pagina da titolo “Per la pubblica decenza e per la dignità della stampa“.

In questo articolo il giornale Vaticano solleva la voce indignata contro un giornalista straniero, triviale in veste aristocratica, colpevole di aver dato diffusione ad una insulsa storiella, una frottola indecente, in cui “si mischiano cronache di nuovissime danze lascive a quanto vi è di più augusto e venerato sulla terra“.
L’Osservatore non tralascia di stigmatizzare la connivenza di un certo giornalismo con gli apparati della corruzione, come quelli delle feste mondane e delle sale da thè che pensano solo a fare lucro sfruttando l’imbarbarimento dei costumi popolari.
Smentita ferma ed indignata, quindi, anche se giunta molto tardi. L’Osservatore spiega il ritardo dicendo che inizialmente non avevano ritenuto dar peso a questa storia, confidando nel buon senso del pubblico intelligente.

Il Corriere della Sera fa eco a questa smentita, aggiungendo la patetica cronaca di un incidente avvenuto a Jean Carrère: il giornalista francese, che frequentava la sala Pichetti, nel tentativo di mostrare al maestro di danza un passo spagnolo, è caduto malamente slogandosi una spalla.
Dalla sua convalescenza Carrère avrà modo di esprimere le sue rimostranze alla redazione dell’Osservatore Romano per come è stato trattato.
Il giornale Vaticano gli risponderà pubblicamente per due volte, con toni sempre più concilianti, precisando che non mettevano in dubbio la buona fede del giornalista, ma che porre la furlana sotto l’egida del Papa è stata una grossa sconvenienza e che lui è stato un po’ ingenuo.

Papa Pio X nel 1903

Papa Pio X nel 1903

Tutto falso, quindi?
Non proprio.
Da un articolo sul quotidiano Torinese La Stampa del 15 Gennaio 1914 scopriamo che in Vaticano, dopo le prime condanne spontanee al tango da parte dei vescovi Francesi, all’inizio dell’anno 1914 era stata avviata un’istruttoria per condividere tra le diocesi una posizione uniforme sull’argomento.
Pio X avrebbe dato incarico al suo segretario Mons. Bressan di seguire quest’istruttoria, dove si confrontavano due correnti opposte: una intransigente, a cui facevano capo tutti i vescovi Francesi che volevano una condanna tout-court del tango; e un’altra corrente moderata, che spingeva per condannare non tanto il ballo in sè, ma il modo e l’intenzione con cui era eseguito. Secondo questa corrente moderata si poteva ballare il tango purchè si evitassero gli atteggiamenti voluttuosi.
La Stampa non riporta l’esito dell’istruttoria ma il giorno successivo all’articolo, il 16 Gennaio, il Cardinale Vicario di Roma Basilio Pompilj emette la sua condanna chiara ed inappellabile.

Non è escluso, quindi, che nel corso dell’istruttoria qualcuno abbia effettivamente ballato un tango in Vaticano, probabilmente alla presenza della segreteria del Papa e non davanti a Pio X in persona, che – come ci raccontano le biografie – era preoccupato di argomenti ben più seri.
Il Papa presagiva l’imminente arrivo della Prima Guerra Mondiale, era molto anziano e sofferente e morì nell’Agosto di quello stesso anno.
E’ comunque escluso che quest’esibizione, se è avvenuta, abbia condotto all’assoluzione del tango.

Vignetta pubblicitaria ironica ("Le Matin" 7/2/1914)

Vignetta pubblicitaria ironica
(“Le Matin” 7/2/1914)

La storia che ci è giunta, quindi, non è altro che il riverbero distorto della manovra pubblicitaria organizzata da Carrère dietro il suggerimento (o, secondo alcuni, la furbesca manipolazione) di Pichetti.
Per quanto riguarda il tango, molto prosaicamente passò di moda, in favore della furlana che (per la gioia di Carrère e di Pichetti) dominò la scena Europea per il resto del 1914, perlomeno fino a quando la guerra non ridusse drasticamente l’attenzione verso i divertimenti.
Ma anche a guerra finita, quando negli anni venti ci fu una ripresa di interesse per il tango, la reazione sul fronte religioso fu la medesima di prima, senza nessun segnale di apertura.

Il 17 Gennaio del 1920, sei anni dopo, sul Bollettino dell’Arcidiocesi di Rouen il vescovo di Amiens torna a mettere in guardia contro il tango, comprese le sue forme attenuate, ugualmente pericolose. Nello stesso giornale viene pubblicata una conversazione, avuta con una giovane fedele che sperava di avere il permesso di poter ballare il suo amato tango.
Una volta ricevuto il veto, secco e definitivo, la ragazza si metteva a piangere.
Durissima la reazione del religioso: “questa è la prima volta in vita mia che provo disgusto per le lacrime di una persona che soffre.

papa-francesco_okInsomma, nessun atto, né ufficiale né ufficioso, di concessione verso il tango, perlomeno non nel 1914 o nel periodo successivo.
Gli amici contemporanei del tango, nel 2014, hanno avuto invece l’onore di ricevere da Papa Francesco un segnale preciso ed ufficiale del fatto che la Chiesa Cattolica oggigiorno ha ammesso il ballo Argentino tra le attività consone ad un buon Cristiano.


Ringraziamo per i contenuti di questo articolo:

  • La Prof.ssa Anna Tonelli, dell’Università di Urbino, che nel suo libro “Storia d’Italia a passi di danza” ha dedicato un capitolo intero al tango in Italia ed al suo complicato rapporto con la Chiesa Cattolica.
  • Il Prof. Enrique Camara de Landa, docente all’università di Valladolid in Spagna, che nei suoi numerosi saggi, tra cui “Un morso di tarantola” ha trattato la propagazione del tango in Italia.
  • Il Maestro Marcello Cofini, compositore, ricercatore e pianista conduttore della danza presso l’Accademia Nazionale di Danza di Roma, che nel libro “La Strenna dei Romanisti” ha pubblicato un bellissimo saggio sulla storia della furlana e la sua riscoperta dopo il fenomeno di moda del 1914.

logo-radioGrazie al lavoro di questi studiosi ed alla generosa bibliografia abbiamo potuto rintracciare una grande quantità di materiale originale che ci ha consentito questa ricostruzione.
Ringraziamo anche i numerosi servizi pubblici di emeroteca italiani e stranieri che sono stati una fonte inesauribile di conoscenza.

HA SCRITTO PER NOI #
Roberto Finelli

Nasce a Torino nel '67 e trent'anni dopo sceglie il tango, ma il tango fa finta di niente. Passano gli anni e nel frattempo Roberto viaggia ed insegue il tango prima in Italia, poi in Europa, poi in un terzo continente a tua scelta. Il viaggio prosegue tuttora e si è spostato nella quarta dimensione

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1 commento

  1. Eric Bigagli ha detto:

    Grazie per il bellissimo ricordo di quest’esperienza,
    Vorrei lievemente chiedere lo spazio per aggiungere, oltre a quelle già in calce, una nota di ringraziamento a Cristina Camorani, in primis per la realizzazione concreta della milonga vaticana e a tutti gli organizzatori regionali che hanno reso possibile il coordinamento di 3000 e più persone in quel di Roma il 17 dicembre 2014
    Grazie e in caro saluto


    Eric Bigagli

    Milonga Vaticana, 17/12/2014
    – Gruppo Toscana – Coordinacion de Buenos Aires.

2 Pings/Trackbacks per "Il Papa, il tango e la furlana: storia di un bluff"
  1. […] storia è raccontata nell’articolo sulla rivista Tango y Gotan e nella trasmissione Radio Crossover Tango di Ottobre 2016 dove abbiamo riportato con ampiezza […]

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