SCRIVERE DI TANGO

Yo soy el tango di Michele Balboni

PUBBLICATO IL 3 Aprile 2023

Scrivere di tango è la nuova rubrica di Tango y Gotan, nata per celebrare il tango come forma letteraria. Verranno pubblicati racconti brevi, poesie e brani scritti da voi, questa settimana pubblichiamo la prima di tre parte di un racconti di MIchele Balboni. Potete proporre i vostri elaborati alla Redazione scrivendo a comunicazione@faitango.it.

Yo soy el tango

di Michele Balboni

-TERZA PARTE-

<Torniamo alle sue origini. E questa storia dei bordelli ?>

<È leggenda che io abbia trovato accoglienza ed ospitalità nei bordelli per gratificare i clienti in ansiosa attesa del loro momento d’amore, certo mi si trovava anche alla mezza luce di indirizzi come Corientes 348 o Juncal 1224. In quegli anni della mia infanzia, non era facile la mia esistenza: spesso nascosto se non scacciato. Poi l’incontro con la vostra raffinata cultura europea nella grande città dove avevano appena terminato di costruire una torre molto alta, tutta in ferro. Là e allora avete cominciato a conoscermi, a praticarmi e in molti anche ad amarmi. Decorato sul campo ed anche, invero, raffinato nei modi, per me è stato più facile tornare nella mia terra di origine e stimolare la passione della mia gente. In quei tempi si viaggiava per nave e la distanza era proporzionale al tempo. Ricordo che la mia musica si diffondeva sull’oceano dai ponti dei transatlantici, portando piacere per i pochi alloggiati in prima classe e speranza per i tanti ammassati in anguste cabine>.

<Siamo quindi attorno agli anni ’20 ?>

<Più o meno, ma io non conto gli anni come voi, né i miei luoghi hanno i vostri stessi nomi>

<Ma…lei è proprio strano…comunque diceva ?>

<Tornato laddove le stagioni sono invertite, ho in seguito vissuto i miei anni più ricchi e intensi quando qui in Europa la guerra uccideva. Già un decennio prima e altrettanto tempo dopo si è allungato il mio periodo d’oro. Anni indimenticabili e per molti aspetti misteriosi: centinaia di orchestre, milonghe in ogni quartiere, tutti ballavano e mi praticavano, migliaia anche per mestiere: musicisti, direttori di orchestra, cantanti, ballerini professionisti (pochi invero), finanche poeti e parolieri. Gli uomini erano soliti ballare con il cappello. La gran parte dei brani che tuttora sono proposti e vi gratificano come ballerini sono stati scritti e musicati in quegli anni.

A seguire lustri di lungo declino, confinato nei vinili incisi in quel periodo>.

<E poi…? La prego di essere sintetico perché vedo la gente muoversi, vogliono  ballare e lei ha già parlato tanto…>

<La mia rinascita è stata incentrata sul ballo in un indimenticabile spettacolo a Parigi, era l’autunno del 1983,  riproposto due anni dopo a New-York. Erano tempi in cui i filmati non erano alla portata di tutti e non esistono tante evidenze di quello show. Da quel momento una diffusione in tutto il pianeta. Nel frattempo i miei più amati interpreti se ne andavano, lasciando indelebile traccia musicale dei loro lavori – fossero essi capolavori o semplici brani per allietare i ballerini – nelle incisioni sui dischi in vinile, trasferiti poi – e non capisco proprio come – in ineffabili piccoli computer>.

Una pausa, gli viene offerto un bicchiere, ma non beve. Ora la voce tradisce emozione.

L’uomo si alza. Si toglie il cappello e lo posa. Ha capelli neri pettinati e lucidi di brillantina, la compattezza dei quali fa pensare che in realtà si tratti di un parrucchino. Ora da la schiena alla giornalista, si rivolge direttamente al pubblico e, allargando platealmente le braccia:

<Ecco la mia storia dunque !>

Qualche applauso, non si sa se di apprezzamento o di sollievo per l’imminente epilogo.

<Una storia lunga e ancora misteriosa per certi aspetti. Ma ora certamente – e lo dimostra la vostra accoglienza di stasera e il vostro interesse – sono ben vivo e pronto a volare nell’aria assieme alla mia musica e alle mie parole >.

 

Inizia la musica. L’uomo si avvicina alla giornalista, con passo felpato ma deciso.

La invita al ballo: <Prego…>.

Lei sullo sgabello si schernisce, incrocia le gambe: < Ma non so fare bene, non so se mi ricordo i passi…>, sorride.

<Non si preoccupi: il tango ti accetta così come sei >.

La frase è pronunciata vicino al viso di lei, lui le soffia le parole.

Le parole del tango.

Nel frattempo lei è scesa dal trespolo, prima la caviglia con la scarpina dal tacco sottile, poi una gamba, poi l’altra.

Il relatore-ballerino – non sembra più così vecchio ora – la avvolge deciso nell’abbraccio, la cinge con cura e determinazione. Lei si accomoda tra le sue braccia, non sembra a disagio per il contatto che è stretto da subito. Ora la parte superiore dei corpi è unita. La postura di lei è elegante, nonostante la presunta inesperienza.

Ancora lui le soffia qualcosa, quasi sfiorando la perla dell’orecchino. Lei sta per protestare, anche se l’alito maschile che ha percepito è lieve: < Ma…>.

Lui la zittisce: < Ascolti il mio ritmo >.

Iniziano a ballare: lui guida con sapienza, le propone passi semplici ma ben portati, lei esegue con grazia.

Il loro tango prende corpo.

Attorno a loro anche altri ballerini hanno iniziato le danze.

<Ma…io non pensavo di ricordarmi così bene certi passi > cinguetta lei.

<Non parli: sentiamo la musica, capiamo le parole e balliamo. Questa canzone si chiama Una Emoción>.

<> lei, chiudendo gli occhi e avvolta nell’abbraccio: <Ma vuole dirmi ora il suo nome?>

<Me llamo tango y nada más. Mi chiamo tango e nulla più>.

Michele Balboni. Dirigente d’azienda, appassionato di tango e ballerino maldestro, scrittore velleitario, spallino della prima ora… faccio grazia ai lettori del seguito. Ho pubblicato Il mio tango (Volta la Carta edizioni, 2013), La Diva del tango – alla ricerca del nino rubato ( Faust edizioni 2014) Premio letterario per i Diritti Umani, consegnato a Papa Franscesco il 17 Dicembre 2014, Il tango delle parole – racconti e fastasie (Europa edizioni, 2016).

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